Dal diritto alla disconnessione del lavoratore all’informazione dettagliata sui rischi, per arrivare alla manutenzione adeguata degli strumenti forniti. Sono le avvertenze che il datore di lavoro deve tenere presenti quando concorda lo smart working o altre forme di lavoro flessibile, per evitare contenziosi in caso di infortuni. Il contenuto dei contratti nei quali si concordano modalità di lavoro “agile” deve essere valutato di volta in volta, per commisurare i margini di responsabilità del datore e quelli del lavoratore sul fronte della sicurezza.

In seguito alle ultime pronunce in tema di sicurezza sul lavoro e malattie professionali (tra le quali la sentenza del 14 gennaio 2020 Corte d’appello di Torino e l’ordinanza 5066 del 6 marzo 2018 della Cassazione), sono stati raggiunti traguardi di certezza ma si sono anche creati dubbi interpretativi. Le tematiche dell’ health and safety at work assumono particolare rilevanza per tutte le tipologie di lavori flessibili, che negli ultimi anni sono esponenzialmente aumentate. La possibilità di lavorare al di fuori del normale spazio di lavoro, a orari differenti e con strumenti non forniti dall’azienda, pone infatti diversi problemi rispetto alla disciplina della sicurezza sul lavoro.

Gli obblighi generali
Il punto di partenza è il Testo unico sicurezza lavoro (Dlgs 81/2008), secondo cui il datore di lavoro è il centro d’imputazione degli obblighi relativi alla sicurezza sul posto di lavoro. La natura di questi obblighi è di carattere preventivo, informativo e formativo: sfaccettature del più ampio dovere di vigilanza e controllo.
L’attività di prevenzione deve essere incentrata sull’adeguamento degli strumenti di lavoro in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della protezione: al datore di lavoro non può richiedersi di oltrepassare il limite del sapere scientifico (si veda la sentenza della Cassazione 27186/2019). Peraltro, nella previsione deve includersi anche l’evento “raro” che, in quanto non ignoto, sia prevedibile.
L’obbligo di formazione consiste nel trasferire ai lavoratori conoscenze e procedure utili allo svolgimento in sicurezza dei compiti aziendali e, quindi, la conoscenza dei rischi. In un’ottica di cooperazione per la prevenzione, l’articolo 20 del Tusl dispone che gli obblighi datoriali debbano essere bilanciati con il dovere del lavoratore di collaborare: il lavoratore dovrà però essere messo nelle condizioni di gestire gli strumenti a tutela della propria salute e di conoscere i rischi legati al lavoro svolto.
Le nuove tipologie di contratti “flessibili”, hanno messo in luce alcuni problemi di estensione della disciplina del Tusl e sono stati regolati di volta in volta da leggi specifiche, che disciplinano anche i profili di prevenzione, informazione e formazione.

Le regole ad hoc
Una disciplina particolare è stata emanata per lo smart working (disciplinato dalla legge 81/2017 ) che si presenta come una nuova modalità di erogazione della prestazione. La flessibilità anche contrattuale permette al datore e al lavoratore di poter pattuire orario, luogo e strumenti da usare. Il lavoratore si trova svincolato dai limiti spaziali dell’impresa datoriale, potendo lavorare anche da casa e al di fuori degli orari “standard” di lavoro.
Questa tipologia di contratto improntata sul risultato e non sull’orario, permette al lavoratore anche di usare strumenti di lavoro propri. L’attuazione della tutela sul lavoro è stata aggiornata con la direttiva 3 del 2017 del ministero del Lavoro, integrata dalla circolare Inail 48 del 2017 . Rispetto alla disciplina che si è venuta a delineare, tre sono gli aspetti fondamentali:
● l’obbligo di informazione;
● la copertura assicurativa;
● il dovere di cooperazione del lavoratore.
L’obbligo assicurativo e le possibili malattie e infortuni legati al rapporto di lavoro, sono indicati nella circolare Inail, che definisce i requisiti minimi del nesso di causalità tra mansione e infortunio, perché agisca la copertura assicurativa. Per esplicita previsione, il lavoratore “agile” è tutelato anche nel tragitto verso il luogo di lavoro.

Il contenuto minimo del riepilogo informativo sui rischi, invece, che il datore deve consegnare al lavoratore o al Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (Rls), dovrà essere sviluppato in funzione dei rischi generali e dei rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro in ambienti diversi da quelli aziendali. L’informativa andrà consegnata al lavoratore e al Rls prima dell’avvio della prestazione di lavoro agile e aggiornata con cadenza almeno annuale, o ad ogni variazione significativa delle condizioni lavorative e di rischio (ad esempio se c’è un cambio di mansione).

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