L’istituto del whistleblowing è stato recentemente riformato dal D.Lgs. 10 marzo 2023, n. 24 in attuazione della Direttiva (Ue) 2019/1937 che, rispetto alla normativa previgente (legge 30 novembre 2017, n. 179), ne ha ampliato il raggio d’azione in quanto:

  • estende la definizione di whistleblower a categorie prima escluse dalla legislazione nazionale. Non solo i dipendenti possono segnalare e godere delle tutele, ma anche collaboratori autonomi, liberi professionisti, consulenti, volontari e tirocinanti anche non retribuiti, azionisti, amministratori, ex dipendenti, candidati ad una posizione lavorativa;
  • amplia il novero delle condotte sanzionabili estendendo la disciplina alle violazioni che possano ledere gli interessi dell’Unione europea; • si applica non solo al personale delle Pubbliche Amministrazioni, ma anche a quello delle Autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza o regolazione, degli enti pubblici economici, dei concessionari di pubblico servizio, degli organismi di diritto pubblico, e delle società in house;
  • estende la protezione dei whistleblowers nel settore privato a tutte le aziende che nell ‘ultimo anno abbiano impiegato in media 50 0 più dipendenti, prima applicata soltanto alle aziende che adottano il Modello di organizzazione, gestione e controllo ex D.Lgs. n. 231/2001 (MOGC 231);
  • introduce un meccanismo di segnalazione esterna gestito dall’Anac.

Si evidenzia come tutti gli aspetti sopra menzionati e relativi alla nuova normativa in oggetto, siano stati sintetizzati e recepiti anche nella recente circolare 18 aprile 2023, n. 12 di Assonime che ha evidenziato come le nuove regole abbiano maggior impatto sugli enti privati tenuti a inserire appositi procedimenti per le attività di whistleblowing, con l’introduzione di un apposito canale interno capace di gestire in modo efficiente, tempestivo ed efficace le segnalazioni interne. Le nuove disposizioni entreranno in vigore il 15 luglio 2023, salvo per le imprese che hanno impiegato fino a 249 lavoratori nell’ultimo anno per le quali il termine per l’adeguamento sarà il 17 dicembre 2023.

Ambito di applicazione soggettivo

Settore pubblico
Negli enti pubblici è possibile segnalare violazioni che integrano ipotesi di illeciti, violazioni del diritto interno, violazioni di norme europee. Sarà quindi possibile, per i whistleblowers del settore pubblico, segnalare:

  • illeciti amministrativi, contabili, civili o penali;
  • condotte illecite rilevanti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001, o violazioni dei relativi MOGC 231;
  • illeciti che rientrano nell’ambito di applicazione degli atti dell ‘Unione europea o nazionali indicati nell’Allegato al D.Lgs. n. 24/2023, ovvero degli atti nazionali che costituiscono attuazione degli atti dell ‘Unione europea indicati nell ‘Allegato alla Direttiva (Ue) 2019/1937; 4) atti od omissioni che ledono gli interessi finanziari dell’Ue di cui all’art. 325 TFUE•, 5) atti od omissioni riguardanti il mercato interno, di cui all’art. 26, paragrafo 2, TFUE; 6) atti o comportamenti che vanificano l’oggetto o le finalità delle disposizioni di cui agli atti delI ‘Ue nei settori indicati nei punti precedenti.

Settore privato
Il D.Lgs. n. 24/2023 individua i soggetti del settore privato in negativo rispetto a quelli del settore pubblico.

Assenza del Modello organizzativo 231
Per quanto riguarda gli enti privati che, pur non avendo adottato un Modello organizzativo ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001, abbiano i) impiegato nell’ultimo anno una media di 50 0 più lavoratori dipendenti, nonché i soggetti che – a prescindere dal numero di dipendenti impiegati – ii) rientrino nell’ambito di applicazione degli atti dell’Unione europea (in materia di servizi, prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, tutela dell’ambiente e sicurezza dei trasporti), possono essere segnalate esclusivamente le violazioni del diritto dell ‘Unione europea. In questi casi è prevista la possibilità per i whistleblowers di avvalersi di tutti i canali di segnalazione, sia interni che esterni.

Sarà inoltre possibile per i segnalanti avvalersi delle tutele previste nei casi di divulgazione pubblica e denuncia all’Autorità.

Tuttavia, rispetto a quanto previsto per i whistleblowers del settore pubblico, non sarà consentito segnalare qualsiasi illecito, né illeciti rilevanti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001 0 violazioni di un Modello organizzativo non adottato.

Un secondo regime normativo si applica agli enti privati dotati di un Modello organizzativo ex D.Lgs. 231/2001.

Presenza del Modello organizzativo 231

Per gli enti che adottano il MOGC 231, nell’ambito delle realtà che non abbiano impiegato 50 o più dipendenti nell’ultimo anno, è prevista la sola possibilità di segnalare le violazioni del Modello organizzativo adottato, ovvero informazioni relative agli illeciti rilevanti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001.

Le condotte illecite rilevanti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001 0 le violazioni dei modelli di organizzazione e gestione possono essere segnalate solo internamente.

Nel caso in cui l’ente che abbia adottato il MOGC 231 abbia anche impiegato, nell’ultimo anno di attività, una media di 50 0 più dipendenti, il whistleblower avrà la possibilità di segnalare, oltre alle violazioni contrarie al D.Lgs. 231/2001, anche quelle attinenti al diritto delI ‘Unione europea facendo ricorso anche al canale di segnalazione esterna e alle divulgazioni pubbliche.

Le realtà del settore privato con meno di 50 dipendenti e che non rientrino nel campo di applicazione degli atti dell ‘Ue, quindi, solo in caso di adozione del MOGC 231, saranno tenute a dotarsi dei canali di whistleblowing.

Canali di segnalazione interna

Per quanto riguarda i canali di segnalazione interna, agli enti, sia del settore pubblico che di quello privato, viene imposto di predisporre propri canali di segnalazione in grado di garantire, «anche tramite il ricorso a strumenti di crittografia, 1a riservatezza dell’identità della persona segnalante, della persona coinvolta e della persona comunque menzionata nella segnalazione, nonché del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione».

Tali canali di segnalazione interni dovranno essere recepiti dal MOGC 231 adottato dall’ente. Adeguamento che dovrà essere accompagnato da una intensa attività divulgativa, sia sul funzionamento dei nuovi canali di segnalazione, sia sulla nuova portata di applicazione delle tutele riconosciute ai whistleblowers.

La gestione dei canali di segnalazione interni è affidata, alternativamente, ad una persona o ad un ufficio aziendale interno dedicato, autonomo e costituito da personale specificamente formato, ovvero ad un soggetto esterno comunque dotato di personale specificatamente formato.

Le segnalazioni possono essere rese in forma scritta (anche con modalità informatiche) oppure in forma orale. Queste ultime sono effettuate attraverso linee telefoniche o sistemi di messaggistica, ovvero, su richiesta del segnalante, attraverso un incontro diretto fissato entro un termine ragionevole.

La segnalazione presentata ad un soggetto diverso da quello preposto va trasmessa entro sette giorni al soggetto competente. Di tale trasmissione è data notizia al segnalante.

La gestione dei canali interni, quindi delle segnalazioni, deve avvenire secondo la procedura descritta all’art. 5 del D.Lgs. n. 24/2023.

Innanzitutto, gli enti dovranno pubblicare informative chiare sui canali di segnalazione, sulle procedure e sui presupposti per effettuare le segnalazioni interne ed esterne. Le informative dovranno essere esposte e rese facilmente visibili sul luogo di lavoro. Qualora l’ente sia dotato di un sito internet, le informative in esame dovranno essere pubblicate in una sezione dedicata del sito.

Quanto alla gestione delle segnalazioni interne, il suddetto art. 5 dispone che:

  • entro sette giorni dalla segnalazione, al whistleblower sia rilasciato un avviso di ricevimento della stessa;
  • siano mantenute interlocuzioni con il segnalante, a cui possono essere eventualmente richieste integrazioni;
  • sia diligentemente dato seguito alla segnalazione;
  • sia fornito un riscontro al segnalante entro tre mesi dalla data dell’avviso di ricevimento.

Canali di segnalazione esterni

In determinate circostanze il whistleblower può effettuare una segnalazione esterna.
Le condizioni che legittimano il ricorso al canale di segnalazione predisposto e gestito dall’Anac sono le seguenti:

  • il segnalante opera in un contesto lavorativo nel quale non è prevista l’attivazione obbligatoria del canale oppure la sua predisposizione non sia conforme ai requisiti normativi;
  • il whistleblower ha già effettuato una segnalazione interna non processata;
  • il segnalante ha fondato motivo di ritenere che qualora effettuasse una segnalazione interna la stessa rimarrebbe inevasa o potrebbe determinare il rischio di ritorsione;
  • il whistleblower ha fondato motivo di ritenere che la violazione possa costituire un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse.

I requisiti del canale di segnalazione esterna affidato all ‘Anac non si discostano da quanto prescritto per i canali di segnalazione interna. Infatti, sentito il Garante Privacy, l’Anac dovrà, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 24/2023 attivare un canale di segnalazione che garantisca, anche tramite il ricorso a strumenti di crittografia, 1a riservatezza del segnalante e della persona eventualmente menzionata nella segnalazione o, comunque, coinvolta, nonché del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione.

Come previsto per le segnalazioni interne, sarà possibile effettuare le segnalazioni in forma scritta, tramite apposita piattaforma informatica o in forma orale, mediante linee telefoniche o strumenti di messaggistica vocale. Su richiesta del whistleblower, è prevista, altresì, la possibilità di effettuare 1a segnalazione mediante un incontro diretto.

Anche all’Anac è imposto di avvalersi di personale specificatamente formato; di dare un riscontro di ricevimento al whistleblower entro sette giorni dalla data di ricevimento della segnalazione.
Alla segnalazione dovrà essere dato seguito svolgendo l’attività istruttoria necessaria, anche mediante audizioni e acquisizione di documenti. Al segnalante dovrà poi essere dato riscontro entro tre mesi dalla data di avviso di ricevimento della segnalazione (ovvero entro sei mesi se ricorrono giustificate e motivate ragioni).

Al whistleblower dovrà essere comunicato l’esito finale, che può consistere i) nell’archiviazione, ii) nella trasmissione alle Autorità competenti nei casi previsti, o, iii) in una raccomandazione o iv) in una sanzione amministrativa. Qualora la segnalazione abbia ad oggetto informazioni che non rientrano nella propria competenza, l’Anac dovrà provvedere a dare comunicazione della segnalazione all ‘Autorità amministrativa o giudiziaria competente.

Divulgazione pubblica

La normativa in tema di whistleblowing prevede, infine, la possibilità di segnalare gli illeciti mediante divulgazioni pubbliche, vale a dire tramite la stampa, mezzi elettronici o comunque tramite mezzi di diffusione in grado di raggiungere un numero elevato di persone.

La divulgazione pubblica può essere effettuata solo se ricorrono le seguenti condizioni:

  • la persona ha precedentemente effettuato segnalazione interna o esterna o entrambe rimaste prive di riscontro nei termini previsti; • il whistleblower ha fondato motivo di ritenere che la violazione che sta per segnalare possa costituire un pericolo imminente o palese per il pubblico interesse;
  • il segnalante ha fondato motivo di ritenere che una segnalazione esterna possa comportare il rischio di ritorsioni o possa non avere efficace seguito in ragione delle specifiche circostanze del caso concreto.

Tutela della persona segnalante

Particolare attenzione è data dal D.Lgs. n. 24/2023 alla tutela della riservatezza del whistleblower, attraverso la predisposizione di diverse garanzie contro eventuali atti ritorsivi derivanti dalla segnalazione effettuata.
L’identità della persona segnalante non può essere rivelata, senza il suo consenso espresso, a persone diverse da quelle competenti a ricevere o a dare seguito alle segnalazioni.
Come per la persona segnalante e con le medesime garanzie, i soggetti del settore pubblico privato, l’Anac e le Autorità amministrative cui l’Anac trasmette le segnalazioni esterne di loro competenza, sono tenuti a garantire la tutela dell’identità delle persone coinvolte e delle persone menzionate nella segnalazione fino alla conclusione dei procedimenti avviati in ragione della segnalazione.
Le misure di protezione previste per il whistleblower sono garantite anche ai facilitatori: le persone del medesimo contesto lavorativo e i colleghi legati al segnalante che lo assistano nel processo di segnalazione. E’ stata, infine, prevista l’istituzione da parte dell’Anac di un elenco degli enti del Terzo settore che forniscono misure di sostegno per i whistleblowers, espressamente individuate dall’art. 18 del D.Lgs. n. 24/2023. Tali misure vengono, in particolare, individuate nell’assistenza e nella consulenza a titolo gratuito modalità di segnalazione e sulla protezione dalle ritorsioni offerta dalle disposizioni normative nazionali e da quelle dell ‘Unione europea, sui diritti della persona coinvolta, nonché sulle modalità e condizioni di accesso al patrocinio a spese dello Stato».

Le segnalazioni interne ed esterne e la relativa documentazione sono conservate per il tempo necessario al trattamento della segnalazione e comunque non oltre cinque anni dalla comunicazione dell’esito finale.

Qualora per la segnalazione sia utilizzata una linea telefonica registrata o un altro sistema di messaggistica vocale registrato, la segnalazione, previo consenso del whistleblower, viene documentata a cura del personale addetto mediante registrazione su un dispositivo idoneo alla conservazione e all’ascolto, oppure mediante trascrizione integrale.

Se, invece, per la segnalazione è utilizzata una linea telefonica non registrata o un altro sistema di messaggistica vocale non registrato, la segnalazione è documentata per iscritto mediante resoconto dettagliato della conversazione a cura del personale addetto.

Quando la segnalazione è effettuata oralmente nel corso di un incontro con il personale addetto, previo consenso della persona segnalante, la segnalazione viene documentata a cura del personale addetto mediante registrazione su un dispositivo idoneo alla conservazione e all’ascolto oppure mediante verbale.

In tutti in casi in cui la segnalazione venga documentata a cura del personale addetto, attraverso trascrizione, resoconto o registrazione, al segnalante è data la possibilità di verificare, rettificare o confermare il contenuto della trascrizione mediante la propria sottoscrizione.

Segnalazioni interne e divulgazione pubblica: possibili risvolti pratici connessi alla loro gestione

A parere di chi scrive, l’incaricato della gestione delle segnalazioni interne dovrà confrontarsi con alcuni aspetti pratici, la cui dimensione operativa non pare di immediata comprensione dalla lettura del D.Lgs. n. 24/2023.

In attesa di apposite Linee guida da parte di Anac e delle principali Associazioni di categoria, in questa sede sono analizzati i temi per cui si ritiene prioritario un chiarimento, cercando di fornire un’interpretazione del significato delle relative disposizioni che sia il più possibile aderente al tenore letterale della normativa di riferimento e alla ratio che ne ha ispirato l’adozione.

In primo luogo, pare legittimo porsi più di un interrogativo rispetto all ‘ipotesi di segnalazione interna anonima:

  • una segnalazione interna anonima può dirsi ricompresa nella definizione di cui all’art. 2, comma 1, lett. d)? (1)
  • i canali di segnalazione interna devono necessariamente consentire la trasmissione di una segnalazione anonima?
  • chi dovrà gestire tali canali sarà tenuto ad attivarsi ed eventualmente quali adempimenti dovrà compiere in assenza dell’identità del suo autore? Innanzitutto, va precisato che il Decreto in esame prevede esclusivamente che i destinatari attivino canali di segnalazione idonei a garantire 1a riservatezza dell’identità della persona segnalante e degli altri soggetti espressamente individuati (01treché del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione).

La tutela della riservatezza, come prescritto dall’art. 12, costituisce un vero e proprio obbligo, al punto che – da un lato – le segnalazioni non possono essere utilizzate al di là di ciò che è necessario per darvi seguito e, dall’altro, l’identità del segnalante non può essere rivelata, senza il suo espresso consenso, a soggetti diversi da chi gestisce la segnalazione.

Nel Decreto l’unico riferimento all’anonimato è presente all’art. 16, comma 4, secondo cui le misure di protezione si applicano anche in caso di segnalazione anonima, qualora l’autore venga successivamente identificato e abbia subito delle ritorsioni. Fatta questa doverosa premessa, non rimane che rispondere ai singoli quesiti.
Quanto al primo, si ritiene che la circostanza per cui l’autore rimanga anonimo non pregiudichi sul piano materiale la sussistenza di una segnalazione rilevante ai fini della disciplina d’interesse.
Se, infatti, per segnalazione deve intendersi comunicazione scritta od orale di informazioni sulle violazioni», l’eventuale decisione del segnalante di non rivelare la propria identità e, dunque, di rimanere anonimo non può per ciò so10 escluderne l’oggettiva sussistenza.
Tale considerazione poggia, in primis, sulla ratio del presente Decreto: da un lato, favorire l’emersione di violazioni e/o illeciti attraverso la cooperazione di tutti coloro che gravitano o hanno gravitato intorno o all ‘interno del contesto lavorativo di riferimento; dall’altro, garantire l’applicazione di presidi per tutelare il segnalante (e, come detto, tutti gli altri soggetti individuati) da ogni ritorsione.
A ciò si aggiunge, come detto, il riferimento di cui all’art. 16, comma 4, da cui può trarsi la conferma della possibilità di considerare validamente integrata anche una segnalazione anonima.

Venendo alla seconda domanda, non vi è alcun riferimento per ritenere che i canali di segnalazione interna debbano obbligatoriamente consentire la trasmissione di segnalazioni anonime. Come visto, infatti, sotto il profilo tecnico, dovranno soddisfare il differente requisito di garantire la riservatezza dell ‘identità e dei contenuti.

Ciò posto, sia per favorire l’emersione anticipata di condotte potenzialmente rilevanti, sia al fine di assicurare, quantomeno nella fase iniziale, una gestione interna della relativa segnalazione, si ritiene opportuno che almeno uno dei canali venga concepito per consentire, in astratto, 1a trasmissione anche di segnalazioni anonime, la cui rilevanza andrà verificata in modo ancor più attento e con la consapevolezza delle difficoltà di accertamento che possono conseguirne.

In caso contrario, infatti, il rischio principale potrebbe essere rappresentato dalla possibilità che il whistleblower ricorra in via diretta al canale di segnalazione esterna, ad esempio invocando la previsione di cui all’art. 6, comma 1, lett. c), il cui ambito di applicazione pare potenzialmente ampio (fatte salve le ipotesi per cui tale eventualità è esclusa dalla normativa stessa, ad esempio per i soggetti privati dotati di MOGC ex D.Lgs. n. 231/2001, ma con meno di 50 lavoratori).

Del resto, in base a tale disposizione, il segnalante può effettuare una segnalazione esterna qualora abbia, tra le altre cose, fondati motivi di ritenere che la trasmissione di una segnalazione interna possa determinare il rischio di ritorsioni.

Consentendo l’invio di segnalazioni anonime si aderirebbe in toto alle finalità ispiratrici del Decreto, stimolando la cooperazione a tutti i livelli per l’individuazione di condotte potenzialmente rilevanti ed eliminando – al contempo – il rischio di misure ritorsive.

Quanto poi al terzo quesito, pare indubbio che a fronte di un’ eventuale segnalazione anonima il soggetto cui è affidato il relativo canale debba comunque prenderne in carico la gestione. La segnalazione anonima, infatti, è da ritenersi alla stregua di qualsiasi altra segnalazione.

Sul punto, le ultime Linee guida Anac sull ‘abrogato art. 54-bis del D.Lgs. n. 165/2001 (2), pur escludendo dal campo di applicazione di tale disposizione le segnalazioni anonime, per ragioni legate all ‘impossibilità di verificare se le stesse provengano o meno da un dipendente pubblico o equiparato, prevedono che le stesse possano pur sempre essere considerate e utilizzate, con tanto di necessaria registrazione dell’ avvenuta ricezione.

Di certo, in assenza dell ‘identità del segnalante, l’attività gestoria subirà inevitabilmente alcune limitazioni: anzitutto, in mancanza di altri specifici riferimenti personali e a seconda delle peculiarità tecniche del canale di trasmissione utilizzato, potrebbero risultare non percorribili tutti o alcuni degli adempimenti connessi all’attività di riscontro dell’avvenuta ricezione e all ‘interlocuzione diretta con il whistleblower.

In secondo luogo, come può facilmente dedursi, solo nei casi di violazione adeguatamente circostanziata sul piano materiale e soggettivo, nonché di acquisizione di idonee evidenze, la gestione della segnalazione anonima potrà avere un effettivo seguito.

Di tutti questi aspetti è comunque fondamentale che sia data preventiva e adeguata informazione ai potenziali whistleblowers.

Altra tematica che meriterebbe un approfondimento sul piano delle concrete implicazioni gestorie è quella della divulgazione pubblica.

Non è secondario interrogarsi, infatti, su quali iniziative debbano essere eventualmente adottate da parte del gestore dei canali di segnalazione interna e/o della società stessa nel contesto lavorativo interessato dalla criticità resa di pubblico dominio.

Al di là del riferimento all ‘applicazione delle misure di protezione a tutela dell’autore della divulgazione, la previsione di tale strumento non è accompagnata dalla descrizione di compiti e responsabilità rispetto alla verifica dei contenuti diffusi, di talché ci si chiede se e come debbano agire i soggetti che, in caso di segnalazione interna, sono invece chiamati a svolgere le attività di cui all ‘art. 5. Sul punto il Codice Etico potrebbe costituire un importante strumento di raccordo.

Il suo contenuto andrebbe in ogni caso rivisto alla luce della nuova disciplina “Whistleblowing”, escludendo che la società possa vietare la divulgazione verso l’esterno di informazioni che la riguardano o limitare tale facoltà ai soli soggetti autorizzati, laddove la relativa comunicazione abbia per oggetto una delle violazioni previste dal D.Lgs. n. 24/2023.

Sotto altro profilo, invece, proprio il Codice Etico potrebbe essere modulato al fine di stimolare la cooperazione di ogni destinatario anche nell’ottica di informare i vertici societari e, in particolare, gli organi di controllo e vigilanza in merito all ‘esistenza di una divulgazione pubblica afferente a potenziali violazioni che interessano quel contesto lavorativo, rispettando le misure di protezione prescritte.

Nelle realtà societarie che dispongono di un MOGC ex D.Lgs. n. 231/2001 0 comunque caratterizzate dalla presenza di funzioni aziendali poste a vigilanza di determinati ambiti operativi e dall’adozione di adeguati presidi di controllo, una simile informativa potrebbe essere gestita come un qualsiasi altro flusso informativo, valutandone contenuto e ambito di riferimento, nonché compiendo quelle verifiche che appaiono concretamente possibili e necessarie per risalire all ‘individuazione della criticità ed eventualmente porvi rimedio.

L’ultimo tema oggetto di analisi in questa sede è quello concernente la previsione di cui agli artt. 4, comma 4, e 13, comma 5, del D.Lgs. n. 24/2023.

La prima disposizione stabilisce che, al ricorrere di determinati presupposti, oggettivi e soggettivi, i soggetti pubblici e privati possano condividere «il canale di segnalazione interna e la relativa gestione».

La seconda, invece, precisa che, qualora ricorra l’ipotesi di cui all’art. 4, comma 4, occorre che i soggetti coinvolti stabiliscano in modo trasparente e attraverso un accordo interno le rispettive responsabilità in merito all ‘osservanza degli obblighi in materia di protezione dei dati personali.

Ad oggi non risulta chiaro né il significato né l’effettiva estensione applicativa di tali disposizioni.

Con riferimento ai soggetti privati, ci si chiede se nelle intenzioni del Legislatore vi fosse unicamente la volontà di consentire la condivisione del canale di segnalazione all’interno di gruppi societari o se invece tale facoltà possa applicarsi anche a contesti societari autonomi che intendano avvalersi degli stessi canali di segnalazione, affidandone la gestione al medesimo soggetto esterno.

Il tenore dell’art. 13, comma 5, fa propendere per un’interpretazione estensiva della facoltà di condivisione, dovendosi ritenere che anche soggetti giuridici distinti possano strutturare un sistema di segnalazione interna e gestione dei contenuti in comune, purché siano formalizzate le rispettive responsabilità e per ciascuno dei soggetti coinvolti garantita l’applicazione unitaria delle prescrizioni previste dal Decreto.

Su questi ed ulteriori aspetti sarà in ogni caso necessario attendere l’intervento delle Autorità di settore per valutarne in modo organico l’effettivo impatto concreto.

CONTRIBUTO PUBBLICATO SU DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO