Al netto dei vantaggi che lo strumento della somministrazione di lavoro, a tempo determinato o a tempo indeterminato, può generare per gli utilizzatori, ossia coloro che si servono in concreto dell’attività del lavoratore, è bene che questi prestino particolare attenzione nell’instaurazione del rapporto. Oltre a prescrivere vincoli (sia quantitativi che formali), il legislatore e la giurisprudenza sono arrivati a configurare un apparato sanzionatorio che, in caso di illiceità della somministrazione, risulta rilevante per l’utilizzatore.

Quali effetti giuridici derivano dall’accertamento della illegittimità del rapporto?

In primo luogo, l’utilizzatore rischia sanzioni amministrative pecuniarie (articolo 40 del Dlgs 81/2015) e di dover versare un importo da 250 a 1.250 euro per violazioni relative a forma del contratto, limiti percentuali di utilizzazione, divieti ex articolo 32 del decreto, condizioni economiche, normative e assistenziali dei lavoratori, obblighi di natura sindacale.

Inoltre, sia il somministratore, sia l’utilizzatore sono soggetti, in aggiunta, all’ammenda di «20 euro per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione» ove la somministrazione abbia carattere fraudolento, ossia venga messa in atto con finalità elusive delle regole contrattuali (articolo 38-bis del Dlgs 81/2015, introdotto dal Dl 87/2018).

Le conseguenze più rilevanti riguardano però il piano civilistico. In caso di accertata illiceità del rapporto, il lavoratore può godere del diritto all’esecuzione della prestazione e, in ogni caso, di essere parte di un rapporto di lavoro direttamente alle dipendenze dell’impresa utilizzatrice.

Seppur con risultati pratici pressoché simili, l’articolo 30 del Dlgs 81/2015 distingue l’ipotesi della nullità del contratto (ravvisabile in caso di «mancanza di forma scritta», cui si equipara, per costante giurisprudenza, l’eventuale assenza di causali se a tempo determinato) per la quale «i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell’utilizzatore», dalle altre violazioni, che comportano, in ogni caso, «la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze» dell’utilizzatore, «con effetto dall’inizio della somministrazione».

Non c’è dubbio, peraltro, che la norma si riferisca alla costituzione di un rapporto a tempo indeterminato anche se la somministrazione originaria sia a tempo determinato, posto che, in base al principio stabilito nell’articolo 1419, comma 2 del Codice civile, la clausola contrattuale (in questo caso il termine) dichiarata nulla viene sostituita «di diritto» dalla norma violata.

Può, con ciò, dirsi che ove le parti abbiano apposto un termine al contratto, gli effetti rilevanti per l’utilizzatore risultano duplici: questi, infatti, da un lato vede incrementare il proprio organico effettivo in maniera non preventivata e, dall’altro, il rapporto instaurato si estende a un periodo indefinito, laddove l’azienda aveva invece optato per un contratto «a tempo».

Contributo pubblicato su “IL SOLE 24 ORE”