Con l’approvazione, datata 11 ottobre 2017, al Senato del disegno di legge n. 2681 recante “Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza” il legislatore ha inteso addivenire ad una revisione organica della disciplina che l’ordinamento italiano riserva al fallimento e alle altre ipotesi di procedure concorsuali. Entro un anno da tale approvazione, l’Esecutivo sarà chiamato all’adozione di un decreto legislativo atto a riformare pressoché integralmente, in particolare, la c.d. Legge Fallimentare (Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267). Il Ddl riprende compiutamente le elaborazioni pervenute dalla Commissione Rordorf, istituita il 28 gennaio 2015 con decreto del Ministero della Giustizia, al fine di superare la non uniformità del tessuto normativo in materia (dovuto al susseguirsi di interventi legislativi dal 1942 ad oggi) e la disomogeneità degli orientamenti giurisprudenziali.

 Si rende, a tal proposito, necessario tratteggiare sinteticamente le principali linee guida, presenti nel testo, cui il Governo dovrà attenersi in fase di stesura del decreto e di attuazione della delega.

Il primo elemento di discontinuità riguarda l’aspetto prettamente lessicale. La parola “fallimento”, infatti, verrà sostituita con l’espressione “liquidazione giudiziaria”. La definizione in senso lato di “diritto fallimentare” lascerà conseguentemente spazio a “diritto della crisi d’impresa e dell’insolvenza”.

Il protagonista della liquidazione continuerà ad essere il curatore, per il quale si registra un apprezzabile ampliamento di competenze. Lo stesso potrà, infatti, godere della legittimazione a promuovere le azioni giudiziali spettanti ai soci o creditori sociali, accedere più facilmente alle banche dati della Pubblica Amministrazione e vedrà a sé affidata la fase di riparto dell’attivo tra i creditori (la cui competenza era precedentemente in capo al giudice delegato).  In virtù di un simile ampliamento, la disciplina relativa alle incompatibilità presenterà caratteri più stringenti (art. 7).

Il Governo è  chiamato ad individuare soluzioni che, in particolare, riducano la durata e i costi delle procedure concorsuali (anche per mezzo dell’adozione di un unico modello processuale per l’accertamento dello stato di crisi o di insolvenza del debitore), distinguano la concezione di stato di insolvenza dallo stato di crisi (da considerare come “probabilità di futura insolvenza”), assimilino tutte le categorie di debitori nell’applicazione del modello processuale, incentivino il ricorso alle proposte di risoluzione della crisi in continuità aziendale (al fine di rendere il ricorso alla liquidazione giudiziale l’extrema ratio), concilino le procedure dei datori con la tutela dell’occupazione e del reddito dei lavoratori e diano uniformità alla disciplina dei riti speciali in materia concorsuale.

Invero, la principale novità prevista dalla legge delega riguarda l’inedita introduzione di una particolare procedura di allerta che verrà affidata alla Camera di Commercio. Si tratta di una composizione assistita della crisi “di natura non giudiziale e confidenziale”, finalizzata ad incentivare “l’emersione anticipata della crisi e ad agevolare lo svolgimento di trattative tra debitore e creditore” (art. 4). L’eccezione all’espletamento di tale procedura riguarda le società quotate in borsa, per le quali non trova applicazione, nonché gli enti pubblici. Su istanza del debitore, la stessa sarà attivata di fronte ad un organismo ad hoc, caratterizzato dalla presenza di almeno tre esperti del settore, per addivenire entro sei mesi ad una soluzione della crisi concordata con i creditori, in seguito ad una celere analisi delle cause del malessere economico-finanziario dell’imprenditore. Il debitore che si attivi, in tal modo, autonomamente potrà godere dell’applicazione di misure premiali, quali attenuanti per talune fattispecie di reato e, in particolare, la non punibilità dei delitti fallimentari qualora il danno patrimoniale sia di lieve entità.  In assenza dell’apposita istanza, il procedimento potrà vedere il proprio avvio anche d’ufficio, con una convocazione da parte del giudice in via riservata del debitore e la nomina di un esperto incaricato di risolvere la crisi.

Il decreto dovrà, poi, contenere un’apposita regolamentazione dello stato di insolvenza dei gruppi di imprese, che godranno di una disciplina ad hoc. Verrà, a tal riguardo, introdotta una presunzione semplice di assoggettamento a direzione e coordinamento ex art. 2359 c.c. (ai sensi del quale “sono considerate società controllate: le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria, le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria,  le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa”) per le società controllate. La procedura relativa alla trattazione della crisi ed insolvenza di più di una tra le società controllate avverrà unitariamente.

Quanto all’istituto del concordato preventivo, è previsto, all’art. 6 del testo approvato dal Senato, un complessivo riordino dell’intera disciplina. In particolare, saranno ammissibili proposte di concordato con natura liquidatoria, allorquando sia garantito l’apporto di risorse esterne “che aumentino in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori”, con l’assicurazione del pagamento di almeno il 20% dei crediti chirografari. I compensi dei professionisti incaricati dal debitore, poi, verranno ridotti, in ragione di una quantificazione strettamente legata all’attivo dell’impresa in concordato. I crediti di tali professionisti, peraltro, saranno da considerarsi prededucibili esclusivamente ove la procedura sia stata aperta dal tribunale. L’Esecutivo avrà anche il compito di rideterminare le modalità di accertamento della veridicità e della fattibilità dei dati aziendali riportati all’interno del piano, nonché di sostituire l’adunanza dei creditori con modalità di espressione del voto, relativamente alle proposte, a carattere telematico. Al fine di incentivare il debitore all’instaurazione della procedura, dovrà anche valutarsi la possibilità di estendere il beneficio dell’esdebitazione (per mezzo della quale è offerta al debitore l’opportunità di liberarsi dal proprio debito originario) ai soci illimitatamente responsabili “che siano garanti della società, con eventuale distinzione tra garanzie personali e reali”.

Da ultimo, merita di essere segnalato il ruolo attribuito agli organi di controllo societari, al revisore contabile e alle società di revisione. Tali soggetti saranno, infatti, chiamati a rendere possibile l’emersione di qualsivoglia sintomo di una crisi quanto prima, trasmettendolo immediatamente all’organo amministrativo della società.

Al fine di procedere ad osservazioni conclusive, occorre rilevare come la riforma si presti, nelle intenzioni dei proponenti, a favorire il venire in rilievo di possibili situazioni di difficoltà precedentemente alla totale compromissione delle stesse, nonché ad evitare una totale preclusione ad una nuova iniziativa di stampo imprenditoriale per coloro i quali siano incorsi  in una procedura concorsuale. In questo senso, l’eliminazione dell’espressione “fallimento” risulta emblematica e parrebbe potenzialmente idonea a scongiurare parte dei timori del debitore in merito alla relativa (e preventiva) apertura del procedimento, al netto dell’aura di negatività e discredito che da tale termine pare trasparire.  Non resta che attendere l’emanazione del decreto per verificare come concretamente le prescrizioni programmatiche previste dalla legge delega vengano portate a compimento.