CONTROLLI SULLA POSTA AZIENDALE DEL LAVORATORE

Sono inutilizzabili se eseguiti in virtù solo di un sospetto

La Suprema Corte di Cassazione con una recentissima sentenza ( Cassaz. 26 giungo 2023 n. 18168) ha giudicato in merito alla inutilizzabilità della posta aziendale di un dipendente; il caso era quello di un dirigente licenziato in base alle informazioni raccolte dall’azienda dalla sua corrispondenza intercorsa a mezzo della casella di posta utilizzata per lavoro, da cui sarebbero emersa la violazione dei doveri di diligenza e di fedeltà. La Suprema Corte ha qualificato l’accertamento del dal datore di lavoro quale controllo difensivo e come tale sottratto alla disposizione di cui all’art. 4, comma 1° – Statuto dei lavoratori. La motivazione della citata sentenza evidenzia come tali controlli devono essere svolti, in virtù del disposto dell’art. 4, 3° comma Stat. Lav., con la preventiva informazione (sui controlli stessi) ed il rispetto delle disposizioni delle norme in materia di privacy, e ciò nell’ambito di un corretto contemperamento degli interessi dell’impresa con quelli del rispetto della personalità e della dignità del lavoratore.

La Corte ha in particolare giudicato che: “il controllo “difensivo in senso stretto” deve essere “mirato” ed “attuato ex post”, ossia “a seguito del comportamento illecito di uno o più lavoratori del cui avvenuto compimento il datore abbia avuto il fondato sospetto”, perché solo a partire “da quel momento” il datore può provvedere alla raccolta di informazioni utilizzabili (Cassaz. 25732/2021).

Tuttavia, anche “in presenza di un sospetto di attività illecita”, occorrerà, nell’osservanza della disciplina a tutela della riservatezza del lavoratore, e segnatamente dell’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo come interpretato dalla giurisprudenza della corte EDU, “assicurare il corretto bilanciamento tra le esigenze di protezione di interessi e beni aziendali, correlate alla libertà di iniziativa economica, rispetto alle imprescindibili tutele della dignità e riservatezza del lavoratore, con un contemperamento che non può prescindere dalle circostanze del caso concreto” (Cassaz. 25732/2021)”.