Una delle conseguenze più rilevanti dello sviluppo del commercio elettronico è stata la possibilità di attuare una vera e propria rivoluzione delle tradizionali catene distributive.

Le aziende che hanno saputo sfruttare le opportunità offerte dal Web, vedono dischiudersi la possibilità di raggiungere i clienti (siano essi private o corporate) senza intermediari, nonché di penetrare mercati geograficamente lontani senza sopportare costi elevati legati alla costituzione di una presenza fisica o all’impianto di reti di distribuzione dei propri prodotti o servizi.
Tale fenomeno di eliminazione degli anelli intermedi della catena distributiva dà vita a problematiche giuridiche nuove e, a tutt’oggi, in gran parte irrisolte. Tra di queste assume particolare rilievo la nascita di potenziali conflitti tra preponenti che svolgano attività di vendita diretta attraverso siti interattivi, da un lato, e agenti titolari di esclusive territoriali, dall’altro.

L’attività di distribuzione svolta via Internet dal preponente, a prescindere da ogni considerazione sulla collocazione territoriale del Web site in questione, viene indubbiamente ad interferire nel concreto ambito operativo dell’agente ogniqualvolta si concludano per via telematica contratti con clienti localizzati nella zona di esclusiva, e ciò anche nel caso in cui il luogo di conclusione del contratto non sia localizzabile in detta zona.
E’ ragionevole ritenere che un agente reagirebbe prontamente qualora il preponente riuscisse ad operare via Internet nel territorio coperto da esclusiva in suo favore sottraendogli , in definitiva, potenziali clienti e possibilità di guadagno. La situazione risulterebbe ancora più grave se il preponente, al fine di incentivare il business on-line, offrisse ai clienti del sito condizioni migliori rispetto a quelle normalmente praticate per i prodotti o servizi acquistati attraverso i canali “tradizionali”.

Alla luce delle considerazioni innanzi svolte, emerge in modo lampante l’opportunità di regolare appositamente a livello contrattuale l’incidenza dell’attività svolta via Internet sulla sfera di operatività degli agenti. In assenza di apposite pattuizioni, infatti, gli agenti avrebbero titolo per reclamare le provvigioni su tutti gli affari conclusi via Internet dal preponente che andranno ad essere eseguiti nella loro zona di esclusiva. Ciò potrebbe rivelarsi, in certi casi-limite, addirittura vantaggioso e premiante per l’agente il quale, se la provvigioni riconosciutegli per gli affari realizzati direttamente dal preponente dovessero risultare cospicue e se il sito del preponente dovesse riscontrare un successo strepitoso, finirebbe quasi col godere di una sorta di “rendita di posizione”. D’altro canto, sussiste il rischio più che concreto che l’impatto delle vendite on-line sul proprio volume d’affari determini conseguenze estremamente negative per l’agente. In tal caso, ossia a fronte delle sistematiche interferenze nella sua sfera d’azione, potrebbe configurarsi giusta causa di recesso dell’agente dal contratto che lo lega al preponente.
Ulteriori problemi – e ulteriori conflitti – potrebbero sorgere in relazione ai patti di non concorrenza previsti per contratto a carico degli agenti. A norma dell’art. 1751bis C.C., i patti di non concorrenza devono riguardare “ la medesima zona, clientela e genere di beni e di servizi per i quali era stato concluso il contratto di agenzia”. Le difficoltà interpretative che tale disposizione viene a sollevare con riferimento all’E-Commerce sono di tutta evidenza: in quale senso va inteso il concetto di “medesima zona” se, una volta terminato il rapporto di agenzia, l’ex agente intraprende un’attività concorrenziale attraverso un Web site? A tal riguardo, si possono prendere in considerazione molteplici indicatori, tra i quali, l’indirizzo virtuale del sito dell’agente (ossia il top level domain geografico), la localizzazione fisica del server che ospita tale sito, il luogo ove l’agente opera fisicamente e stabilmente a prescindere dalla localizzazione del Web site, oppure il target del sito, inteso come mercato geografico cui l’attività via Internet è diretta.
Ancora maggiori sarebbero le difficoltà di interpretare e applicare, anche coattivamente, il patto di non concorrenza nel caso in cui l’attività sia svolta dall’agente non attraverso un proprio, e quindi tutto sommato identificabile, Web site, ma partecipando a newsgroups o utilizzando mailing lists.

Risulta evidente che il conflitto tra commercio elettronico e i tradizionali canali distributivi legati al concetto di territorialità. Al fine di prevenire interpretazioni giurisprudenziali fantasiose o imprevedibili, sarà sempre opportuno predisporre testi contrattuali che regolino puntualmente e in dettaglio ogni possibile attrito tra l’operatività degli agenti e l’attività di commercio elettronico che l’azienda preponente svolge o ha intenzione di intraprendere.