Lo scorso maggio 2019 il Ministero dello Sviluppo economico ha emanato un decreto recante disposizioni applicative del contributo a fondo perduto introdotto già in precedenza dalla legge n. 145 del 2018. Si tratta, nello specifico, della istituzione di voucher destinati all’uso delle micro, piccole e medie imprese italiane, che attraverso il relativo utilizzo possono acquistare “prestazioni consulenziali di natura specialistica finalizzate a sostenere i processi di trasformazione tecnologica e digitale […]”. Più nello specifico, l’innovation manager – cui tale compito è demandato – è un professionista che crea una strategia finalizzata alla diffusione della cultura d’innovazione all’interno di un’impresa, catalizzandone l’adattamento alle nuove tecnologie e spronandone l’organico alla ricerca di metodi che rendano immediata la gestione dei meccanismi più moderni. In base al contenuto del Decreto in argomento, innovation manager è quella persona fisica che, al momento della presentazione della domanda, alternativamente sia accreditata:

a) negli appositi albi o elenchi presso Unioncamere;

b) presso le sedi delle Regioni, ai fini dell’erogazione dei relativi contributi.

Tuttavia, questa qualifica può altresì essere riconosciuta in capo a chi vanti tra i propri titoli un dottorato di ricerca o un master universitario di secondo livello o, ancora, una laurea magistrale (in determinati settori di carattere prevalentemente scientifico) previa la dimostrazione di una certa esperienza in imprese che si occupino di quelle stesse materie per un periodo, a seconda del titolo di studio, che varia da 1 a 3 anni. Si ricordi, peraltro, che gli innovation manager potranno, oltre che individualmente candidarsi a detta posizione, essere proposti da società di consulenza.

Nel prefato decreto vengono indicati i beneficiari delle disposizioni in esso contenute. Tra i requisiti richiesti alle imprese candidabili al riconoscimento dei voucher, i più rilevanti comportano che esse, sia alla data di presentazione della domanda che a quella di comunicazione dell’ammissione al contributo, siano qualificate come micro, piccole o medie, che abbiano sede legale e/o unità locale sul territorio nazionale e che non siano state destinatarie di sanzioni interdittive, risultino in regola con il versamento dei contributi previdenziali, e non siano oggetto di procedure concorsuali. Per quanto riguarda le spese ammissibili al contributo, esse saranno quelle sostenute a titolo di compenso per le prestazioni di consulenza specialistica rese da un manager dell’innovazione qualificato, indipendente ed inserito temporaneamente, con un contratto di consulenza di durata non inferiore a nove mesi. Al fine di ulteriormente qualificare le prestazioni richieste all’innovation manager, viene fatto esplicito divieto di farvi rientrare quelle relative ai servizi di consulenza prestate per le ordinarie attività amministrative aziendali e commerciali.

La figura dell’innovation manager manca certamente di una definizione specifica, data la sua giovane introduzione nel sistema e del modernissimo compito che gli è affidato. Si tratta certamente di un aiuto alle realtà aziendali in difficoltà, che abbiano necessità di mettersi al passo con i tempi e di aggiornare i propri meccanismi e metodi di gestione amministrativa. Tra le varie attività demandate alla figura dell’innovation manager, infatti, compare l’analisi data, cloud and fog computing, cyber security, integrazione delle tecnologie di diversa natura, tendenzialmente demandate a tecnici del settore tecnologico; ed ancora, “integrazione e sviluppo digitale dei processi aziendali”, programmi di digital marketing ed altre competenze di tal sorta.

Come già detto, l’innovation manager farà parte dell’azienda che si servirà dei voucher messi a disposizione dal MISE tramite un contratto di consulenza. Da un punto di vista giuridicamente rilevante, appare lecito ritenere che la normativa applicabile a questa figura sarà quella definita dall’art. 2229 c.c. che, improntato sul contratto d’opera ex art. 2222 c.c., disciplina la prestazione intellettuale offerta dal professionista iscritto nell’apposito albo di appartenenza. L’elemento fondamentale di questo tipo di rapporto è quello della indipendenza del professionista nel porre in essere la propria attività, che è così scevro da vincoli di subordinazione nei confronti del committente (in questo caso, le PMI).

Nello specifico, il contratto di consulenza cui il Decreto fa riferimento è uno strumento che lascia grande discrezionalità alle parti con riferimento alla sua stesura e, dunque, al suo contenuto. Appare evidente, dunque, che il Ministero abbia voluto vincolare il rapporto azienda-innovation manager alla sola modalità di pagamento (il voucher che, si ricordi, tende ad essere utilizzata nei rapporti di lavoro occasionale). Ciò andrà certamente tenuto in considerazione nel momento in cui sorgeranno controversie a carattere lavorativo con riferimento a questa nuova figura.

Su questa stessa linea, è opportuno considerare anche un elemento da un punto di vista formale che riguarda l’innovation manager, e cioè proprio la nomenclatura che per esso è stata scelta: nel mercato del lavoro italiano, in capo al “manager” sono solitamente conferiti incarichi dirigenziali, che collocano detta figura al vertice della piramide composta dai dipendenti di un’azienda. Per essa – di norma – viene in essere una disciplina di favore, differenziata da quella applicabile agli altri dipendenti anche e soprattutto in considerazione delle numerose responsabilità e del potere direttivo affidati alla figura del manager (in condizioni e misure diverse a seconda della realtà aziendale in cui questi sono chiamati a prestare la propria attività). Ciò caratterizza certamente la tipologia di contratto di consulenza che il Ministero si aspetta venga concluso con riferimento a questa nuova figura. Tuttavia, la vaghezza delle prescrizioni in merito sembra consentire alle parti di allontanarsi da tale modello, e ciò potrebbe comportare numerose pretese all’esito di un rapporto lavorativo non soddisfacente. Ciò comporta, a livello pratico, la elevata probabilità che dall’applicazione del contratto menzionato possano scaturire un elevato numero di cause e di pronunce in merito che aiuteranno, altresì,  a definire sempre più le caratteristiche dell’innovation manager.