La dott.ssa Rosanna Finelli, psicologa all’interno dell’Istituto Penitenziario di Milano – Opera, risponde alle domande del volontario/detenuto B.LIVE, Ivan:

Dott.ssa Finelli, che cos’è il bullismo?

“Possiamo descriverlo come una sottocategoria del comportamento aggressivo, per l’intenzionalità, la persistenza e l’asimmetria del rapporto di potere che si instaura. Di fatto è un gioco perverso senza vincitori nè vinti, in cui vittima e carnefice si trovano l’uno di fronte all’altro, come in uno specchio. Le vicende dei bulli e dei bullizzati manifestano un elevato grado di parallelismo; il carnefice di oggi è stato vittima di ieri ed è tuttora vittima in un’altra area della vita, magari assiste a scenari di violenza in ambito familiare”.

Il bullo non si rende conto di perpetuare un male?

“Il bullo spesso non sa spiegarsi il suo comportamento, la prepotenza può essere fine a se stessa o può essere un modo per divertirsi, o rendersi bello agli occhi degli altri. In genere la vittima ha qualche atteggiamento che gli risulta antipatico, può suscitare gelosie o invidia, o mostrare al bullo quelle umane fragilità e debolezze che non vuole riconoscere in se stesso”.

Che sentimenti ha il bullo nei confronti delle sue vittime?

“La tendenza generale è quella di demonizzarle e de-umanizzarle. Spesso si adopera affinché gli altri oltrepassino il limite e si accaniscano contro un compagno. La vittima viene colpevolizzata, ma spesso si colpevolizza anche da sola. I due atteggiamenti sono complementari”.

Può chiarire meglio quest’ultimo?

“In linea generale possiamo distinguere due tipologie di vittima. La prima, quella delle vittime colpevolizzate dai carnefici, è la categoria delle “vittime passive e sottomesse”, individui con scarsa autostima, ansiosi, insicuri, con opinione negativa di sè. Queste persone spesso soffrono di deficit nel riconoscere i segnali emotivi e di rabbia, soprattutto quelli diretti nei loro confronti. Poi ci sono quelle persone che potremmo definire le “vittime provocatrici”. Sono quelli che si auto-colpevolizzano per gli episodi di bullismo che subiscono. Sono persone iperattive e ansiose, che a loro volta potrebbero avere risposte e reazioni aggressive e attraversare, un giorno o l’altro, il confine tra vittima e carnefice”.

Qual è il ruolo del gruppo?

“Fondamentale. Tipicamente il bullo è alla ricerca di popolarità. Godere del favore dei compagni significa disporre di preziose opportunità sociali, mentre il rifiuto porta all’esclusione. La prepotenza si sviluppa quando il bullo resta bloccato sulla difficoltà ad entrare in contatto con le proprie emozioni, ad esprimere i propri sentimenti, a riconoscere quelli degli altri, ma questi sono aspetti che la vittima e il bullo hanno in comune, riconducibili all’incapacità di un corretto porsi in relazione con gli altri”.

Quindi il bullo nuoce all’altro per un’affermazione di sè?

“Principalmente sì. Come esistono due tipologie principali di vittime, possiamo individuare almeno due tipologie di bulli: i bulli “gregari”, individui insicuri e poco popolari, alla ricerca dell’affermazione in un gruppo, e i bulli dominanti, molto sicuri di sè, con elevate abilità sociali, prepotenti perchè ne traggono piacere”.

Come si può intervenire?

“Gli interventi più efficaci sono quelli mirati a “rinforzare” la vittima, farle sentire che non è più sola e che può costruirsi strumenti per gestire la prepotenza del bullo. E’ importante un intervento precoce, perchè, purtroppo, chi rimane a lungo nel ruolo di vittima va incontro a livelli sempre più bassi di autostima e a forme di depressione che possono arrivare fino all’autolesionismo e a conseguenze estreme come il suicidio. Nei confronti del bullo è di importanza vitale farlo venire allo scoperto dei suoi meccanismi di fragilità e debolezze”.

Ho voluto fare questo lavoro perchè nel mio passato di adolescente mi è successo di assistere ad atti di bullismo e di non aver fatto niente. Mi vergognai e mi vergogno ancora oggi della mia condotta di quel tempo e se mai mi dovesse succedere ancora, ed è il consiglio che do a tutti, denunciate. Forse molti di quelli che leggeranno queste parole non ne comprenderanno il peso, solo per il semplice fatto di essere state dette da un detenuto (che in teoria dovrebbe essere omertoso) e non dovrebbe pensare minimamente alla possibilità di denunciare.

Contributo pubblicato su B.LIVE dal volontario/detenuto Ivan

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