Con l’entrata in vigore della Legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Legge di Bilancio 2018) il legislatore ha provveduto a riconoscere, tra gli altri, una parziale istituzionalizzazione del ruolo del c.d. caregiver familiare, intendendosi con tale espressione chiunque presti la propria assistenza, in situazioni particolari e predeterminate di non autosufficienza, all’interno del proprio contesto familiare.
Trattasi, anche a livello terminologico (tradotto letteralmente: “colui che presta cura”), di una figura che ha visto la propria origine – e con ciò anche un’apposita disciplina giuridica – oltre oceano. Ciò è avvenuto, in particolare, in Canada e negli Stati Uniti, nonché in Gran Bretagna, Nuova Zelanda e Australia per mezzo dell’equivalente vocabolo “carer”. In questo senso, occorre precisare come il c.d. caregiver familiare (altresì denominato “caregiver informale”) si differenzi, in concreto, dal c.d. caregiver formale, inteso negli U.S.A come colui che presta sì cura ed assistenza, ma a livello prettamente professionale (è il caso, a titolo esemplificativo, degli infermieri e degli ausiliari sanitari, ma anche di chi svolga il ruolo di badante) e, ad ogni modo, dietro il pagamento di un compenso.
L’intervento legislativo in oggetto si presta ad offrire, per la prima volta, una forma di sostegno di natura economica a chi, normalmente a titolo gratuito, si dedica volontariamente alla cura del parente. La situazione di disabilità che caratterizza buona parte delle famiglie italiane, infatti, necessita, stante il quadro attuale, di essere gestita per mezzo delle risorse familiari disponibili. Le figure tutelate coincidono sostanzialmente con i soggetti beneficiari della Legge n. 104/1992, in forza della quale i benefici agli stessi riservati si limitano, in particolare, alla possibilità di usufruire di permessi di lavoro giornalieri ovvero mensili retribuiti, nonché di ottenere un congedo straordinario retribuito. In questo senso, con gli emendamenti sul caregiver alla L. 205/2017, approvati all’unanimità in sede parlamentare, il legislatore ha compiuto un, seppur non ancora del tutto sufficiente, decisivo passo in avanti – unitamente alla proroga del c.d. “Bonus bebè”, all’implementazione della tutela per diciottenni che vivono fuori dalla famiglia, all’ampliamento della platea dei beneficiari delle detrazioni per carichi di famiglia e della detrazione delle spese sostenute per minori o maggiorenni con DSA. – nella configurazione di un solido e incisivo modello di welfare familiare.
Ai fini dell’effettiva realizzazione della tutela risulterà, in ogni caso, necessario attendere l’approvazione di appositi ed ulteriori provvedimenti legislativi, limitandosi la Legge di Bilancio allo stanziamento dei fondi a ciò riservati. A tal proposito, il comma 254 dell’art. 1 (L. 205/2017) testualmente recita “il Fondo e’ destinato alla copertura finanziaria di interventi legislativi finalizzati al riconoscimento del valore sociale ed economico dell’attività di cura non professionale del caregiver familiare”. Lo stanziamento delle risorse, garantito dall’istituzione dell’apposito Fondo predetto (denominato espressamente “Fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare”) presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, consta in una dotazione iniziale di sessanta milioni, destinati alla copertura di misure nel corso degli anni 2018, 2019 e 2020 (20 milioni all’anno).
A rientrare nella definizione offerta dalla norma al comma 255 sono, oltre naturalmente al coniuge del cargiver, “l’altra parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso, o il convivente di fatto ai sensi della legge 20 maggio 2016, n. 76”, nonché “il familiare o l’affine entro il secondo grado” la cui mancanza di autosufficienza dipenda da malattia, infermità o disabilità, “anche croniche o degenerative”, fatto salvo il necessario riconoscimento di tale invalidità ai sensi della sopra richiamata Legge 104/1992 (art. 3, comma 3) ovvero della titolarità di un’indennità di accompagnamento (Legge 11 febbraio 1980, n. 18). Va, per di più, osservato come, in base a quanto espressamente disposto, i benefici siano estendibili a chi si prenda cura di un parente di terzo grado, purché la situazione dello stesso sia caratterizzata da particolare gravità.
Affinché possa operarsi una reale valutazione circa la bontà dell’intervento occorrerà, come detto, attendere la concretizzazione delle misure. In questo senso, il Testo unificato presentato alla Commissione Lavoro del Senato il 27 settembre 2017 e le cui sorti dipenderanno, inevitabilmente, dai prossimi sviluppi istituzionali, ha tentato di disciplinare con precisione lo status giuridico del caregiver, adottando la definizione di “Prestatore Volontario di Cura” e prevedendo, tra gli altri, particolari meccanismi di raccordo tra la relativa attività e quella degli operatori del sistema dei servizi sociali, socio-sanitari e sanitari-professionali, nonché oneri di natura informativa e un supporto psicologico.