Particolare rilevanza in tema di lavoro hanno assunto le recenti disposizioni volte a disciplinare la materia delle prestazioni di lavoro occasionali, oggetto del decreto legge n. 50/2017, già approvato dalle due camere ed in attesa di pubblicazione.

Ci si riferisce all’art. 54 bis del D.L. 50/2017, approvato definitivamente dal Senato il 15 giugno scorso in sede di conversione in legge del medesimo decreto, il quale ha introdotto il Libretto Famiglia, che può essere utilizzato per il ricorso a prestazioni occasionali da parte di persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività professionale o d’impresa, nonché il contratto di prestazione occasionale per gli altri utilizzatori.

L’introduzione di tali strumenti ha generato non poche discussioni politiche tra quanti vi hanno ravvisato una reintroduzione dei voucher Inps sotto altra forma, in contrasto con il recente D.L. n. 25/2017, convertito in legge n. 49/2017, che all’art. 1 ha abrogato la disciplina sul lavoro accessorio e sui voucher Inps, e chi, invece, sostiene che si tratti di una nuova modalità di retribuzione del lavoro occasionale con regole, limiti e adempimenti diversi per il datore di lavoro.

In questa sede si intende analizzare la disciplina contenuta nel sopra citato art. 54 bis, ponendola a confronto con quella del lavoro accessorio e dei c.d. voucher di cui agli artt. 48, 49 e 50 del D.lgs. 81/2015, oggi abrogati dal summenzionato art. 1 del D.L. n. 25/17.

In primo luogo l’art. 54 bis comma 1 contiene la definizione di prestazioni di lavoro occasionali, ancorandola a dei limiti economici: le attività lavorative occasionali sono definite, infatti, come quelle attività lavorative che danno luogo (in un anno civile) a compensi complessivamente non superiori a:

5.000 euro, per ciascun prestatore con riferimento alla totalità degli utilizzatori;

5.000 euro, per ciascun utilizzatore, con riferimento alla totalità dei prestatori;

2.500 euro, per prestazioni rese complessivamente da ogni prestatore in favore dello stesso utilizzatore.

A ben vedere, dunque, dal confronto tra l’art. 54 bis co. 1 della nuova normativa e l’abrogato art. 48 comma 1 del d.lgs. 81/2015, risulta che ad oggi il limite economico entro il quale può trovare applicazione la nuova disciplina delle prestazioni occasionali è più stringente rispetto a quello contemplato dalla vecchia normativa, con riferimento al compenso massimo che il prestatore può percepire dalla totalità degli utilizzatori (5.000 euro annui a fronte dei 7.000 euro annui di cui al sopra citato art. 48).

Diversamente, in base alla nuova normativa, meno stringente appare il limite economico relativo alle prestazioni complessivamente rese da ogni prestatore in favore del medesimo singolo utilizzatore: se, infatti, in base all’abrogato art. 48, le attività di lavoro accessorio potevano essere svolte a favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000 euro, la nuova normativa innalza il limite dei compensi che il prestatore può percepire dal singolo utilizzatore a 2.500,00 euro annui.

Quanto ai soggetti che possono fare ricorso alle prestazioni occasionali, la nuova normativa contempla da un lato le persone fisiche, al di fuori dell’esercizio dell’attività professionale o di impresa, che potranno utilizzare il c.d. Libretto Famiglia, ossia un libretto nominativo prefinanziato contenente titoli di pagamento dal valore nominale di 10 euro, utilizzabili per compensare prestazioni di durata non superiore ad un’ora. Il Libretto Famiglia può essere utilizzato per il pagamento di prestazioni occasionali quali piccoli lavori domestici, assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, ammalate o con disabilità, insegnamento privato supplementare, nonché per l’acquisto di servizi di baby – sitting.

Per gli altri utilizzatori, invece, è prevista la possibilità di acquisire prestazioni di lavoro mediante il contratto di prestazione occasionale, con una paga oraria minima di 9,00 euro, tranne che nel settore agricolo per il quale la retribuzione minima potrà essere inferiore, dal momento che verrà stabilita sulla base del contratto collettivo stipulato dalle principali associazioni sindacali.

Tra i soggetti che possono fare ricorso al contratto di prestazione occasionale rientrano altresì le amministrazioni pubbliche, ma esclusivamente per far fronte ad esigenze temporanee o eccezionali, come lo svolgimento di lavori di emergenza correlati a calamità o eventi naturali improvvisi, attività di solidarietà o l’organizzazione di manifestazioni sociali, sportive, culturali o caritative.

Tra le novità della normativa relativa alle prestazioni occasionali si segnala l’introduzione di una serie di divieti alla possibilità di acquisire tali prestazioni e di ricorrere al contratto di prestazione occasionale.

Ci si riferisce al divieto di acquisire prestazioni di lavoro occasionali da soggetti con i quali l’utilizzatore abbia in corso o abbia cessato da meno di 6 mesi un rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione coordinata e continuativa (art. 54 bis co. 5 D.L. 50/2017), nonché al divieto di stipula del contratto di prestazione occasionale da parte degli utilizzatori che hanno alle proprie dipendenze più di 5 lavoratori subordinati a tempo indeterminato, da parte delle imprese del settore agricolo (salvo per le attività rese da determinati soggetti quali titolari di pensione di vecchiaia o invalidità, studenti over 25, disoccupati, etc, purché non iscritti nell’anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli), dell’edilizia e di settori affini, delle imprese esercenti l’attività di escavazione o lavorazione di materiale lapideo, delle imprese del settore delle miniere, cave e torbiere, nonché al divieto di ricorso al contratto di prestazione occasionale nell’ambito dell’esecuzione di appalti di opere o servizi (art, 54 bis co. 14).

Dal confronto con l’abrogato art. 48 del d.lgs. 81/2015, si può notare che quest’ultimo, a differenza del nuovo art. 54 bis, non sanciva limiti dimensionali per le aziende che potevano avvalersi di prestazioni di lavoro accessorio, né particolari limitazioni in riferimento al settore produttivo o attività di possibile utilizzazione del lavoro accessorio, ma solo il già menzionato limite di soglia massima di 7mila euro dei compensi annui percepibili dal singolo prestatore, oltre che alcuni vincoli relativi ai casi di committenti imprenditori o professionisti, di prestatori percettori di trattamenti di integrazione salariale o di sostegno al reddito, di prestazioni di lavoro accessorio in agricoltura o nella pubblica amministrazione, e al divieto del lavoro accessorio nell’ambito dell’esecuzione di appalti di opere o servizi (art. 48, commi 1-4 e 6, d.lgs. n. 81/2015, ora abrogati).

Quanto alle modalità di retribuzione del lavoratore, sia per le prestazioni rese nell’ambito del Libretto Famiglia che per quelle rese nell’ambito del contratto di prestazione occasionale, l’INPS provvede al pagamento del compenso entro il giorno 15 del mese successivo (nei limiti delle somme previamente ricevute a tale scopo), secondo le modalità di cui al comma 19 dell’art. 54 bis (attraverso accredito delle spettanze su conto corrente bancario risultante sull’anagrafica del prestatore ovvero o mediante bonifico bancario domiciliato pagabile presso gli uffici della società Poste italiane Spa). L’Inps provvede inoltre, attraverso piattaforma informatica a cui sono tenuti a registrarsi prestatori ed utilizzatori, ad accreditare i relativi contributi previdenziali e a trasferire all’INAIL sia i premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali sia i dati inerenti alle prestazioni di lavoro occasionale.

Rispetto alle modalità di retribuzione contemplate dalla vecchia normativa, ora abrogata, si evidenzia, pertanto, la scomparsa della possibilità di acquistare i buoni anche presso le rivendite autorizzate; possibilità attribuita espressamente ai committenti non imprenditori o professionisti dall’abrogato art. 49 del d. lgs. 81/2015.

Relativamente alla paga e alla contribuzione oraria del prestatore di lavoro, invece, si segnala quanto segue:

il valore nominale del voucher Inps era fissato in 10 euro e nel settore agricolo era pari all’importo della retribuzione oraria delle prestazioni di natura subordinata individuata dal contratto collettivo stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (ex art. 49, ora abrogato, d.lgs. 81/2015).

Diversamente, la nuova normativa opera una distinzione tra i titoli di pagamento contenuti nel Libretto Famiglia, il cui valore nominale è parimenti fissato in 10 euro, utilizzabili per compensare prestazioni di durata non superiore a un’ora, e il compenso pattuito con contratto di prestazione occasionale al quale possono ricorrere gli altri utilizzatori, la cui misura minima oraria si riduce, invece, a 9 euro, tranne che nel settore agricolo, per il quale il compenso minimo è pari all’importo della retribuzione oraria delle prestazioni di natura subordinata individuata dal contratto collettivo di lavoro stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Ed ancora, per quanto concerne la contribuzione oraria, si evidenzia che la contribuzione alla gestione separata Inps a carico dell’utilizzatore che ricorra a prestazioni occasionali sia tramite il Libretto Famiglia che tramite contratto occasionale è superiore a quella del previgente lavoro accessorio, mentre il premio dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali a carico del medesimo utilizzatore è stabilito in misura inferiore rispetto a quella prevista dalla abrogata disciplina del lavoro accessorio (come si evince dal confronto tra i commi 11 e 16 dell’art. 54 bis del D.L. 50/2017, da un lato, e l’abrogato art. 49 dall’altro).

Al prestatore di lavoro viene altresì riconosciuto un diritto a pause giornaliere e riposi settimanali.

Quanto, invece, agli obblighi di comunicazione a carico del datore di lavoro, va rilevato che l’abrogato articolo 49 contemplava a carico dei soli committenti imprenditori o professionisti che ricorressero a prestazioni occasionali di tipo accessorio, l’obbligo di comunicare alla direzione territoriale del lavoro competente, prima dell’inizio della prestazione e con modalità telematiche, i dati anagrafici e il codice fiscale del lavoratore, indicando, altresì, il luogo della prestazione con riferimento ad un arco temporale non superiore ai trenta giorni successivi.

La nuova normativa prevede invece che l’utilizzatore debba trasmettere almeno un’ora prima dell’inizio della prestazione, attraverso la piattaforma informatica INPS ovvero avvalendosi dei servizi di contact center messi a disposizione dall’INPS, una dichiarazione contenente, tra l’altro, i dati anagrafici e identificativi del prestatore, luogo di svolgimento della prestazione e oggetto, data e ora di inizio e di termine della prestazione, nonché il compenso pattuito per la prestazione, in misura non inferiore a 36 euro, per prestazioni di durata non superiore a quattro ore continuative nell’arco della giornata, fatto salvo quanto stabilito per il settore agricolo. L’Inps invierà quindi un sms e/o un messaggio di posta elettronica di conferma. Analoga dichiarazione di revoca dovrà essere effettuata nel caso in cui la prestazione non venga più utilizzata. Peraltro, per i datori di lavoro viene introdotta una sanzione di importo variabile, tra i 500 ai 2.500 euro, per violazione degli obblighi di comunicazione.

Tra gli elementi di identità tra la disciplina introdotta dall’art. 54 bis e i voucher Inps, va rilevato che sia i compensi percepiti dal lavoratore tramite i vecchi voucher Inps, che quelli percepiti dal prestatore occasionale in base alla nuova normativa, sono esenti da imposizione fiscale, non incidono sul suo stato di disoccupato e sono computabili ai fini della determinazione del reddito necessario per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno.

Si segnalano, infine, le ulteriori restrizioni introdotte dalla nuova normativa, costituite dal fatto che la misura del compenso pattuito per la prestazione non può essere inferiore a 36 euro al giorno per quattro ore di lavoro e dal divieto per il lavoratore di effettuare più di 4 ore di lavoro consecutive al giorno.

Inoltre, il limite massimo di durata della prestazione è pari a 280 ore nell’arco dello stesso anno civile e, al supermanto di tale limite, il relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato, analogamente a quanto accade nel caso di superamento da parte di un utilizzatore del limite di importo di 2.500 euro annui di retribuzione percepiti dal medesimo utilizzatore.

Monica Lambrou

CONTRUBUTO PUBBLICATO SU HR ONLINE DI AIDP