PER I DIRIGENTI NON E’ NECESSARIO PROVARE LA POSSIBILITA’ DEL “REPECHAGE” ESSENDO SUFFICIENTE LA SOLA GIUSTIFICATEZZA AI FINI DELLA LEGITTIMITA’ DEL LICENZIAMENTO

In questo senso ha giudicato la Suprema Corte di Cassazione con ordinanza del 31 gennaio 2023, n. 2895, la Suprema Corte ha motivato, infatti, che:

nell’ipotesi di licenziamento del dirigente (nel caso di specie dipendente di Istituto di credito) per esigenze di ristrutturazione aziendale è esclusa la possibilità del “repêchage” in quanto incompatibile con la qualifica dirigenziale del lavoratore, assistita da un regime di libera recedibilità del datore di lavoro.

La Corte di Cassazione ha, quindi, confermato la diversità di trattamento, esistente nel nostro ordinamento, tra il lavoratore dipendente e il dirigente. Mentre per il lavoratore (non dirigente) il datore di lavoro, prima di intimare il licenziamento, deve valutare la possibilità di un ripescaggio e, quindi, una sua utile ricollocazione all’interno dell’azienda, nel caso del dirigente, al contrario, tale verifica, in presenza della necessità di riorganizzare e/o ristrutturare l’ azienda, non è richiesta essendo sufficiente la c.d. “giustificatezza” del recesso, anche in mancanza del “giustificato motivo oggettivo”.