La discriminazione sul lavoro in ragione del sesso

La Suprema Corte di Cassazione, con ordinanza del 3 febbraio 2023 n. 3 si è espressa su un caso di discriminazione in ragione del sesso. Nel caso di specie la dipendente apprendista di una banca, il cui contratto era stato disdetto (unico tra 200 stipulati, tutti trasformati a tempo indeterminato) 17 mesi dopo la seconda gravidanza, aveva agito ai sensi dell’art. 38, d.lgs. 198/06, per ottenere l’accertamento e la repressione della condotta datoriale, in quanto discriminatoria, in ragione del sesso della dipendente; la Cassazione accoglieva il ricorso della lavoratrice, osservando che:

  1. alla luce della disciplina prevista dall’art. 40, d.lgs. 198/06, la dipendente è gravata da un onere probatorio attenuato in quanto deve provare unicamente di essere portatrice di un fattore di rischio tipizzato di discriminazione e di avere subito un trattamento svantaggioso in connessione con detto fattore, mentre il datore di lavoro deve provare circostanze che escludano univocamente la discriminazione;
  2. la suddetta connessione, da ricostruirsi in via presuntiva, può essere dimostrata anche sulla base di dati statistici;
  3. la Corte ha quindi giudicato che nel caso di specie non erano stati valutati i dati statistici relativi al rapporto percentuale tra la mancata assunzione della lavoratrice e l’assunzione di tutti gli altri 200 apprendisti, ed era stata omessa la verifica, se tale dato potesse essere considerato rivelatore di una possibile discriminazione legata alle gravidanze portate a termine nel periodo di apprendistato.