L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), con la nota n. 804 del 19 maggio 2021, ha fornito alcuni chiarimenti in ordine alla applicazione della procedura prevista dall’art. 19, comma 3, del D.Lgs. 81/2015, a fronte delle istanze di rinnovo di contratto a termine “in deroga assistita” relative ad ipotesi di modifica del livello contrattuale.
La nota dell’Ispettorato del Lavoro
“… l’art. 19, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2015 ai fini del calcolo della durata massima dei contratti a termine intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore fa comunque espresso riferimento allo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale”
Ne consegue che ove il lavoratore sottoscriva più contratti a termine con lo stesso datore di lavoro caratterizzati da diversi inquadramenti (di livello e di categoria legale) ai fini del calcolo della durata massima stabilita dall’art. 19, comma 2, non si determinerà una sommatoria della durata dei singoli contratti, ma soltanto di quelli, se esistenti, legati dal medesimo inquadramento.
Laddove, come nel caso di specie, il datore di lavoro e il lavoratore sottoscrivano ex novo un contratto a termine che prevede un inquadramento differente rispetto al precedente contratto a termine sottoscritto tra le medesime parti, non vi è la necessità di avanzare istanza di deroga assistita.
Secondo la giurisprudenza, l’analisi sull’equivalenza di fatto tra le nuove e le precedenti mansioni deve essere condotta sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo (cumulativamente intesi). Con tali termini vengono indicate:
1) equivalenza oggettiva: l’inclusione delle mansioni (sia delle “vecchie” che delle “nuove”) nel medesimo livello retributivo e di inquadramento contrattuale;
2) equivalenza soggettiva: che consiste nella possibilità offerta dalle nuove mansioni di utilizzare e perfezionare il corredo di nozioni, abilità ed esperienze precedentemente acquisite dal lavoratore.
Secondo il Ministero del lavoro (circolare 2 maggio 2008, n. 13), l’equivalenza non deve essere intesa in termini di mera corrispondenza del livello di inquadramento contrattuale tra le mansioni svolte precedentemente e quelle contemplate nel nuovo contratto, ma occorre verificare (come evidenziato dalle sentenze di Cassazione 11 aprile 2005, n. 7351; e 12 aprile 2005, n. 7453) i contenuti concreti delle attività espletate. Il Ministero del lavoro sottolinea altresì che la Cassazione, con la sentenza a sezioni unite 24 novembre 2006, n. 25033, ha attribuito alla contrattazione collettiva il potere di individuare la nozione di “equivalenza” attraverso le clausole cd. di fungibilità, volte a consentire un impiego più flessibile del lavoratore, almeno per “sopperire a contingenti esigenze aziendali ovvero per consentire la valorizzazione della professionalità potenziale di tutti i lavoratori inquadrati in quella qualifica, senza incorrere nella sanzione della nullità del comma 2 dell’art. 2103 del codice civile”.
ONERE DELLA PROVA: è evidente che, trattandosi di un proprio interesse, il lavoratore che rivendichi la conversione del contratto a tempo indeterminato ex nunc, dovrà quindi dimostrare che la sommatoria dei contratti (proroghe e rinnovi inclusi) succedutisi ha non solo superato i 36 mesi ma ha anche riguardato mansioni equivalenti.