Lo smart working o “lavoro agile” è una pratica già da tempo presa in considerazione da numerose aziende, la quale mira ad evitare lo spostamento del lavoratore presso il luogo di lavoro, laddove vi sia la possibilità che lo stesso svolga attività lavorativa dalla propria abitazione o, comunque, a distanza. Tra gli obiettivi principali di questo istituto figura la diminuzione dei soggetti sul luogo fisico di lavoro, nonché la possibilità di consentire al dipendente di gestire in maniera più ottimale il proprio impegno lavorativo. Si tratta però, non di un lavoro differente da quello che il dipendente è solito prestare, ma di una diversa modalità di esecuzione del rapporto, così come chiarito dalla legge n. 81/2017 e che, nei suoi aspetti più pratici, viene poi disciplinata da un democratico accordo scritto tra le parti.

Elementi tipici dello smart-working

Data la peculiarità del lavoro agile, è naturale che vi siano alcuni elementi su cui è opportuno fornire alcuni chiarimenti.

 Accordo tra le parti

Innanzitutto, è bene sottolineare che le modalità di prestazione di smart-working devono essere precisate all’interno di un accordo tra le parti, in cui esse stabiliscono le ore e i giorni in cui l’attività sarà prestata fuori dal luogo di lavoro, consentendo, come si è detto, un vantaggio per l’organizzazione personale del dipendente, nonché l’eliminazione di alcuni costi del lavoro che di norma onerano il datore.

Sicurezza sul lavoro

Con particolare riferimento, poi, alla sicurezza sul lavoro, è immediato il dubbio che sovvenga a chi si chieda come possa il datore di lavoro garantire l’incolumità del dipendente che non presti la propria attività sul luogo di lavoro, su cui il datore ha effettivamente potere di gestione, che può esplicare al meglio delle sue intenzioni e possibilità. Il bilanciamento tra i vari diritti coinvolti in questa disciplina deve essere operato soprattutto in considerazione del fatto che le norme emergenziali abbiano imposto una serie di deroghe sugli accordi individuali e sugli obblighi informativi, rinviando però, per tutti gli altri aspetti, alla normativa generale di cui alla legge n. 81/2017. Ciò comporta che si renda necessaria una serie di interpretazioni, soprattutto in considerazione della logica della sicurezza partecipata di cui al Testo unico n. 81/2008, in forza della quale il datore resta onerato dei doveri di valutazione del rischio e della sicurezza in merito all’incolumità dei propri dipendenti, anche se questi prestano la propria attività dalla propria abitazione, poiché la nozione di “luogo di lavoro” va interpretata in via estensiva. Di conseguenza, tutte le tutele di questo genere restano riconosciute in favore dei lavoratori dipendenti anche quando prestano attività da luogo diverso dal posto di lavoro contrattualmente designato, per quanto compatibili.

Controllo a distanza

Ancora, sui controlli a distanza, appare evidente come si renda necessario operare un bilanciamento tra la tutela del lavoratore e il diritto del datore di operare una sorveglianza sul dipendente al fine di assicurarsi la corretta prestazione dell’attività da parte di quest’ultimo – bilanciamento che di norma viene lasciato alla libera decisione delle parti, e la cui misura risulterà dal contratto di lavoro da queste concluso. In generale, però, valgono alcune regole: restano vietati software aziendali di verifica della navigazione in internet, webcam, tecnologie per la geolocalizzazione del lavoratore tranne che se applicati sugli strumenti di lavoro di proprietà del datore di lavoro (la giurisprudenza su questi aspetti ha dato letture a volte contrastanti). Il D.Lgs. n. 151/2015 consente il controllo mirato sugli smartphone e pc aziendali ma precisa che “i dati e le informazioni ottenuti tramite gli strumenti di controllo a distanza sono utilizzabili ai fini del rapporto di lavoro solo a condizione che sia stata data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso […]” chiarendo così che, in ogni caso, il dipendente non può avere garanzia di segretezza dell’attività prestata tramite strumenti che non siano personalmente suoi.

Potere direttivo

Per quanto riguarda il potere direttivo del datore di lavoro in questo ambito, anche questo aspetto rientra nella libera definizione delle parti, che potranno per iscritto indicare, ad esempio, alcune specifiche attività alle quali il dipendente dovrà necessariamente prendere parte di persona o, ancora, si potranno definire più precisamente quei compiti che è consentito portare a termine anche senza che il dipendente sia costretto a recarsi sul luogo di lavoro.

Differenze con il telelavoro

Ai fini di una maggiore chiarezza, è opportuno sottolineare che lo smart-working si differenzia, pur condividendone molti aspetti, da una ulteriore modalità di prestazione: il telelavoro. Si tratta di una formula di flessibilità che viene incontro ai lavoratori, che ha preso piede nel mondo dei servizi e che adesso tocca anche realtà considerate più tradizionali. Di questa distinzione si è occupata, nello specifico, la già citata legge n. 81/2017. Tratto distintivo della fattispecie giuridica del telelavoro non è pertanto, alla luce di queste fonti, la presenza di una postazione fissa di lavoro, quanto la regolarità ovvero la continuità della prestazione resa al di fuori dei locali aziendali per il tramite di un collegamento telematico o informatico; continuità che, con riferimento al lavoro agile, subisce alcune variazioni in base alle necessità delle parti.

Lavoro agile ed epidemia da Coronavirus

Rapporto di lavoro dipendente

Dopo aver chiarito gli aspetti dello smart-working che si attui in condizioni fisiologiche, è il caso di indicare quali siano le differenze con il lavoro agile al quale si faccia, invece, ricorso in costanza di situazioni emergenziali (quale indubbiamente è quella generata dal Covid-19 nel 2020). Innanzitutto, è bene considerare, aprioristicamente da ogni aspetto pratico, la ratio che ha portato all’utilizzo della modalità di lavoro agile nella legge del 2017 e, dall’altro lato, in costanza della pandemia globale da Covid-19. Nel primo caso la creazione di tale istituto trovava la sua motivazione nel tentativo di rendere più efficiente l’attività lavorativa e conferirle un taglio prettamente pratico, attraverso la riduzione dei tempi di spostamento e l’abbattimento delle convenzioni sul luogo di lavoro; nel secondo, invece, più che una decisione tesa al miglioramento delle condizioni generali di lavoro, si è trattato di una sorta di costrizione, volendo il legislatore incentivare i lavoratori a restare nelle proprie abitazioni, diminuendo il traffico stradale e la concentrazione di più soggetti in un unico luogo (provvedimenti che hanno come priorità non quella di tutelare il bene e la produttività aziendale, ma di difendere e preservare la salute dei cittadini). Ed ancora, la legge del 2017 introduttiva del lavoro agile precisa che, al fine di un corretto utilizzo di detta modalità, dev’essere prevista un’alternanza tra la prestazione dell’attività lavorativa che avvenga sul luogo di lavoro previsto in sede di contratto e quella che, invece, si verifichi a distanza dalla stessa. Naturalmente, data la situazione di grande precarietà nonché una sorta di obbligatorietà della prestazione di lavoro a distanza, detta alternanza non può che venire meno, ed eventualmente ristabilirsi al raggiungimento di una maggiore stabilità della pandemia globale in atto.

Collegato a questo motivo di distinzione, ve ne è anche un secondo, che riguarda prettamente l’arco temporale in cui l’attività lavorativa debba essere prestata in modalità di smart-working. La già citata fonte legislativa del 2017 prevede un orario di lavoro giornaliero senza i vincoli normalmente imposti dal c.d. “orario di ufficio”, avendo il dipendente la libertà di raggiungere i propri obiettivi giornalieri seguendo gli orari e concedendosi le pause cui ha diritto tendenzialmente in qualunque momento (beninteso, purché ne rispetti il numero e la quantità che normalmente gli sarebbe consentita sul luogo di lavoro).

Data, però, la costanza con cui in periodo di pandemia ci si è dovuti avvicinare al mondo dello smart-working, si è reso necessario applicarvi delle regole più stringenti, sì da evitare un calo della produttività da parte dei lavoratori senza supervisione. Così, il lavoro agile dei primi mesi del 2020 ha previsto una postazione fissa e generalmente ritmi di lavoro predefiniti

Per quanto riguarda la normativa di riferimento, la fonte legislativa va ricercata principalmente nei DPCM che, in costanza di stato emergenziale, sono il mezzo più idoneo ai provvedimenti finalizzati alla salvaguardia del Paese. Infatti, sono stati numerosi gli atti di questo tipo emanati in forza della situazione epidemiologica scaturita nei primi mesi dell’anno 2020.

Uno dei primi Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (1° marzo 2020) riportava testualmente che “la modalità di lavoro agile disciplinata dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81, può essere applicata, per la durata dello stato di emergenza di cui alla deliberazione del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020, dai datori di lavoro a ogni rapporto di lavoro subordinato, nel rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni, anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti. Gli obblighi di informativa di cui all’art. 22 della legge 22 maggio 2017, n. 81, sono assolti in via telematica anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito dell’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro” (art. 4).

Pertanto, ritenendo necessario evitare il contatto ravvicinato tra dipendenti, si è teso a dare priorità al lavoro agile, anche soprassedendo le norme che lo rendevano lecito in epoca pre-Covid (ad esempio, in relazione agli obblighi informativi di cui si è detto nel paragrafo precedente).

 In generale, sono previste una serie di tutele con riferimento ai genitori lavoratori dipendenti i quali godono della possibilità di prestare attività in smart-working per tutto il periodo in cui i propri figli (di età inferiore ai 16 anni) siano sottoposti a quarantena obbligatoria, laddove questi siano risultati positivi a seguito di contatto verificatosi all’interno del plesso scolastico, nello svolgimento di attività sportive di base o in palestre, piscine, centri e circoli sportivi (sia pubblici che privati), lezioni musicali e linguistiche; o, ancora, nel caso in cui abbiano subito la sospensione dell’attività didattica.

Se, anche in presenza di uno di questi scenari, il lavoro agile non può essere prestato (per natura stessa della prestazione), uno dei genitori può assentarsi dal lavoro per tutto o parte del periodo di quarantena del figlio minore di 14 anni (purché disposta dall’ASL di riferimento) in virtù di contatto verificatosi nel plesso scolastico o nei casi di sospensione della didattica in presenza nei confronti del figlio minore di 14 anni.

Durante questi periodi all’interessato spetta un’indennità a carico dell’Inps pari al 50% della retribuzione. Se, invece, la prole ha un’età compresa tra i 14 e i 16 anni, è possibile assentarsi senza compenso ma con il diritto alla conservazione del posto.

 Quid nel caso in cui i figli abbiano, invece, un’età inferiore ai 14 anni? A tal proposito, è stato previsto dai recenti D.P.C.M. che i lavoratori dipendenti del settore privato possono prestare la propria attività con modalità agile anche in assenza di qualsiasi accordo scritto con l’azienda: ciò, però, è consentito solo se non vi sia altro genitore che avrebbe la possibilità di occuparsi dei figli minori in alternativa al dipendente.

 Pubblica amministrazione

Sono stati emanati più decreti che contengono le misure per il lavoro agile nella Pubblica amministrazione nel periodo emergenziale, i principi dello stesso, nonché le sue modalità organizzative e, in generale, la flessibilità del lavoro.

L’articolo 263, comma 1, D.L. 19 maggio 2020, convertito con modifiche dalla legge di conversione n. 77/2020, prevede che “al fine di assicurare la continuità dell’azione amministrativa e la celere conclusione dei procedimenti”, le Pubbliche amministrazioni “adeguano l’operatività di tutti gli uffici pubblici alle esigenze dei cittadini e delle imprese connesse al graduale riavvio delle attività produttive e commerciali. A tal fine, fino al 31 dicembre 2020 …) organizzano il lavoro dei propri dipendenti e l’erogazione dei servizi attraverso la flessibilità dell’orario di lavoro, rivedendone l’articolazione giornaliera e settimanale, introducendo modalità di interlocuzione programmata, anche attraverso soluzioni digitali e non in presenza con l’utenza, applicando il lavoro agile […] al 50 per cento del personale impiegato nelle attività che possono essere svolte in tale modalità”.

 Il D.M. 19 ottobre 2020, recante le “misure per il lavoro agile nella pubblica amministrazione nel periodo emergenziale” correlato alla diffusione del nuovo Coronavirus, descrive, tra le altre cose, all’articolo 3, le modalità organizzative che devono essere attuate in costanza di smart-working.

Successivamente, il D.P.C.M. 24 ottobre 2020, confermando quanto già contenuto in quello precedente (13 ottobre 2020), all’articolo 3 indica che “nelle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è incentivato il lavoro agile con le modalità stabilite da uno o più decreti del Ministro della pubblica amministrazione, garantendo almeno la percentuale di cui all’articolo 263, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77.” Inoltre, la citata norma prosegue chiarendo che “le pubbliche amministrazioni dispongono una differenziazione dell’orario di ingresso del personale, fatto salvo il personale sanitario e socio-sanitario, nonché quello impegnato in attività connessa all’emergenza o in servizi pubblici essenziali. È raccomandata la differenziazione dell’orario di ingresso del personale anche da parte dei datori di lavoro privati”.

Ancora, con riferimento all’elemento della flessibilità nel lavoro agile nonché il suo svolgimento, viene chiarito che “al fine di agevolare il personale dipendente nei trasferimenti necessari al raggiungimento della sede di servizio e – in presenza di realtà dimensionalmente significative – allo scopo di evitare di concentrare l’accesso al luogo di lavoro dei lavoratori in presenza nella stessa fascia oraria, l’amministrazione, ferma restando la necessità di assicurare la continuità dell’azione amministrativa e la celere conclusione dei procedimenti, individua fasce temporali di flessibilità oraria in entrata e in uscita ulteriori rispetto a quelle adottate, nel rispetto del sistema di relazioni sindacali definito dai contratti collettivi nazionali” (art. 4, D.M. Pubblica amministrazione 4 novembre 2020).

Appare opportuno sottolineare che, in considerazione della ricognizione dei processi di lavoro nonché alla dimensione organizzativa e funzionale dell’amministrazione coinvolta, gli stessi possono essere svolti con modalità agile e, comunque, ciascun dirigente, con immediatezza

“organizza il proprio ufficio assicurando, su base giornaliera, settimanale o plurisettimanale, lo svolgimento del lavoro agile almeno al cinquanta per cento del personale preposto alle attività che possono essere svolte secondo tale modalità”; “adotta, nei confronti dei dipendenti di cui all’articolo 21-bis, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, nonché, di norma, nei confronti dei lavoratori fragili ogni soluzione utile ad assicurare lo svolgimento di attività in modalità agile anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento come definite dai contratti collettivi vigenti e lo svolgimento di specifiche attività di formazione professionale; adotta, al proprio livello, le soluzioni organizzative necessarie per consentire lo svolgimento delle attività di formazione di cui alla lettera b) anche al personale che svolge attività di lavoro in presenza; favorisce la rotazione del personale di cui alla lettera a), tesa ad assicurare, nell’arco temporale settimanale o plurisettimanale, un’equilibrata alternanza nello svolgimento dell‘attività in modalità agile e di quella in presenza, tenendo comunque conto delle prescrizioni sanitarie vigenti per il distanziamento interpersonale e adeguando la presenza dei lavoratori negli ambienti di lavoro a quanto stabilito nei protocolli di sicurezza e nei documenti di valutazione dei rischi; tiene conto, nella rotazione di cui alla lettera d), ove i profili organizzativi lo consentano, delle eventuali disponibilità manifestate dai dipendenti per l’accesso alla modalità di lavoro agile, secondo criteri di priorità che considerino le condizioni di salute del dipendente e dei componenti del nucleo familiare di questi, della presenza nel medesimo nucleo di figli minori di quattordici anni, della distanza tra la zona di residenza o di domicilio e la sede di lavoro, nonché del numero e della tipologia dei mezzi di trasporto utilizzati e dei relativi tempi di percorrenza” (D.M. Pubblica amministrazione, 19 ottobre 2020).

Per agevolare lo svolgimento delle attività in modalità agile, le amministrazioni si adoperano “per mettere a disposizione i dispositivi informatici e digitali ritenuti necessari, utilizzando le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente e promuovono l’accesso multicanale dell’utenza”. È in ogni caso consentito “l’utilizzo di dispositivi in possesso del lavoratore, qualora l’amministrazione non sia tempestivamente in grado di fornirne di propri”.

Inoltre le Pubbliche amministrazioni in considerazione dell’evolversi della situazione epidemiologica “assicurano in ogni caso le percentuali più elevate possibili di lavoro agile, compatibili con le potenzialità organizzative e con la qualità e l’effettività del servizio erogato” e si “organizzano e svolgono le riunioni in modalità a distanza, salvo la sussistenza di motivate ragioni”. È opportuno sottolineare che la “rotazione del personale” di cui si è detto in precedenza fa riferimento proprio alla definizione di lavoro agile contenuta nella legge 22 maggio 2017, n. 81: una prestazione lavorativa che viene eseguita, come già chiarito all’inizio della presente trattazione, “in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno”.

In generale, la poca dottrina formatasi nel merito del lavoro agile correlato all’emergenza sanitaria da Covid-19 si è espressa chiarendo che lo smart-working, laddove possibile, sia l’unica soluzione nei casi in cui il datore non riesca a consentire ai propri dipendenti la prestazione di attività lavorativa accompagnata dal massimo delle tutele possibili. Pertanto, quando non si abbia la disponibilità di dispositivi di protezione personale, né sia garantito il distanziamento sociale tra i lavoratori, non esiste alternativa allo stesso, dovendo principalmente tutelare il supremo diritto alla salute dei lavoratori (che, come noto, è costituzionalmente garantito). Tanti si sono anche soffermati sulle conseguenze a lungo raggio che la situazione emergenziale ha causato e causerà, prima fra tutte la possibilità che il lavoro agile guadagni terreno e diventi, almeno in parte, una costante della vita lavorativa futura. L’abbattimento dei costi di un luogo fisico di lavoro, l’eliminazione dello spostamento dei dipendenti (specialmente, ad esempio, dei c.d. “frontalieri” nonché dei pendolari) hanno mostrato ai datori una valida fonte di risparmio, che comporta, per molti aspetti, più elementi positivi che negativi. Per citare un aspetto interessante – e che non è il caso di affrontare integralmente in questa sede – si pensi al venir meno della responsabilità del datore in riferimento agli incidenti verificatisi, ad esempio, nel tragitto che quotidianamente il dipendente segue per raggiungere il luogo di lavoro. Sarà dunque necessario trovare un punto di equilibrio tra i vantaggi dello smart-working e quelli, inestimabili, dell’attività prestata in persona, che consente interazione e dialogo.

 Le misure di cui in argomento, è bene ricordare, sono state inizialmente previste come vigenti sino al 31 dicembre 2020, data indicata quale termine della situazione emergenziale nazionale e successivamente prorogate fino al 30 aprile 2021.

CONTRIBUTO PUBBLICATO SU DIRITTO&PRATICA DEL LAVORO