Con decreto del 25 settembre 2019 il Ministero dello Sviluppo economico ha definito le modalità ed i termini per le procedure di erogazione del “voucher innovation manager”, strumento previsto con decreto del maggio scorso quale esplicazione delle disposizioni applicative del contributo a fondo perduto introdotto già in precedenza dalla legge n. 145 del 2018. Si tratta, nello specifico, della istituzione di voucher destinati all’uso delle micro, piccole e medie imprese italiane, che abbiano sede legale e/o unità locale sul territorio nazionale, nessuna sanzione interdittiva, siano in regola con il versamento dei contributi previdenziali, e non siano oggetto di procedure concorsuali. Attraverso i voucher messi a disposizione dal MISE, esse potranno acquistare “prestazioni consulenziali di natura specialistica finalizzate a sostenere i processi di trasformazione tecnologica e digitale […]”. In base al contenuto del Decreto in argomento, innovation manager è quella persona fisica che, al momento della presentazione della domanda, alternativamente sia accreditata negli appositi albi o elenchi presso Unioncamere o le sedi delle Regioni ai fini dell’erogazione dei relativi contributi. Questi fornirà prestazioni di consulenza specialistica restando indipendente dall’azienda, alla quale sarà legato da un contratto di consulenza di durata non inferiore a nove mesi. Si tratta di un aiuto alle realtà aziendali in difficoltà, che abbiano necessità di mettersi al passo con i tempi e di aggiornare i propri metodi di gestione.

L’innovation manager farà parte dell’azienda che si servirà dei voucher messi a disposizione dal MISE tramite un contratto di consulenza. Da un punto di vista giuridicamente rilevante, appare lecito ritenere che la normativa applicabile a questa figura sarà quella definita dall’art. 2229 c.c. che, improntato sul contratto d’opera ex art. 2222 c.c., disciplina la prestazione intellettuale offerta dal professionista iscritto nell’apposito albo di appartenenza. L’elemento fondamentale di questo tipo di rapporto è quello della indipendenza del professionista nel porre in essere la propria attività, che è così scevro da vincoli di subordinazione nei confronti del committente (in questo caso, le PMI).

Su questa stessa linea, è opportuno considerare anche l’elemento formale del nome della nuova figura dell’innovation manager: nel mercato del lavoro italiano, al “manager” sono solitamente conferiti incarichi dirigenziali, che collocano detta figura al vertice della piramide composta dai dipendenti di un’azienda. Per essa – di norma – viene in essere una disciplina di favore, anche e soprattutto in considerazione delle numerose responsabilità e del potere direttivo affidati alla figura del manager (in condizioni e misure diverse a seconda della realtà aziendale in cui questi sono chiamati a prestare la propria attività). Ciò caratterizza la tipologia di contratto di consulenza che il Ministero si aspetta venga concluso con riferimento a questa nuova figura. Tuttavia, la vaghezza delle prescrizioni in merito consente alle parti di allontanarsi da tale modello, e ciò potrebbe comportare numerose pretese all’esito di un rapporto lavorativo non soddisfacente. A livello pratico, ciò si traduce nella possibilità che le probabili pronunce in merito aiuteranno a definire sempre più le caratteristiche ed i confini giuridici dell’operatività dell’innovation manager.

Contributo pubblicato sul QUOTIDIANO LAVORO de IL SOLE 24 ORE”