In seguito all’approvazione del D. L. n. 50/17 e all’introduzione della nuova disciplina sul lavoro accessorio, l’Ispettorato nazionale del lavoro si è espresso, con la circolare n. 5 del 9 agosto u.s., per fornire indicazioni operative al personale ispettivo ai fini della corretta applicazione del regime sanzionatorio.
Le sanzioni dirette a coloro i quali violino le regole di utilizzo o abusino dei c.d. “nuovi voucher” appaiono decisamente ingenti, se si considera che, a norma dell’art. 54 bis comma 20 del D. L. 50/17, in caso di superamento dei limiti previsti dal decreto per gli importi e per la durata della prestazione lavorativa “il relativo rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato”. La circolare, oltre a ribadire la non applicabilità di tale sanzione alla Pubblica Amministrazione, ha precisato come la trasformazione del rapporto si consideri avvenuta “a partire dal giorno in cui si realizza il superamento” dell’importo di 2.500 euro per ogni prestatore di lavoro, ovvero del limite di durata di 280 ore annuali. A ciò si aggiunga la totale preclusione all’utilizzo dello strumento nei riguardi di utilizzatori che, con il prestatore, abbiano in corso, o cessato da meno di sei mesi, “un rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione coordinata continuativa”; nel primo caso (esistenza di un rapporto di lavoro subordinato in corso) residuano dubbi sull’effettiva portata della sanzione, posto che il rapporto intercorrente tra i due potrebbe già di per sé prevedere una durata a tempo indeterminato. Risulta, quindi, impossibile la configurazione in ipotesi di questo tipo di una reale “conversione” del rapporto, cosicché la naturale conseguenza sanzionatoria potrebbe consistere nel solo riconoscimento aggiuntivo della retribuzione prevista per la parte di prestazione resa in modo “occasionale” con le relative incidenze fiscali e contributive proprie della subordinazione, oltre che di un’eventuale sanzione amministrativa. Peraltro, nel silenzio della legge al riguardo la presente costituisce solo un’ipotesi che dovrà essere confermata in via interpretativa.

Giova, poi, richiamare la previsione normativa contenuta nella lettera c) del comma 20, art. 54 del D.L. 50/17, alla luce della qualela naturale conseguenza della violazione, da parte dell’utilizzatore, dell’obbligo di comunicazione all’INPS “almeno un’ora prima dell’inizio della prestazione” dell’apposita dichiarazione è rappresentata dal pagamento di una sanzione pecuniaria da euro 500 a euro 2.500 per ogni prestazione giornaliera. Dai medesimi importi è caratterizzato il regime sanzionatorio riservato a particolari categorie di soggetti, ai quali l’utilizzo dei c.d. “nuovi voucher” risulta precluso: coloro che abbiano più di cinque lavoratori subordinati a tempo indeterminato alle proprie dipendenze, le imprese operanti nel settore agricolo, nell’ambito edilizio, nell’escavazione, nelle torbiere, nel settore lapideo, nelle miniere e nelle cave.
A tal riguardo, l’Ispettorato nazionale del lavoro ha chiarito i criteri atti a distinguere simili fattispecie dall’ipotesi della c.d. “maxisanzione” prevista per il lavoro “nero”, negando che la semplice registrazione del prestatore sulla piattaforma informatica predisposta dall’INPS sia sufficiente ad escludere che si tratti di un rapporto sconosciuto alla Pubblica Amministrazione. Un siffatto assunto trova, peraltro, riscontro in un orientamento giurisprudenziale: la Cassazione, infatti, con la sentenza n. 16340/2013, aveva escluso che “l’iscrizione del lavoratore”, in quel caso nell’albo delle imprese artigiane, potesse “di per sé avere una rilevanza decisiva” per qualificare la natura del rapporto. A venire prioritariamente in rilievo ai fini della delimitazione dei rispettivi campi di applicazione, quindi, sarà un’attenta valutazione del caso concreto. Nel caso in cui “la prestazione sia comunque possibile in ragione del mancato superamento dei limiti economici e temporali” e “possa effettivamente considerarsi occasionale in ragione della presenza di precedenti analoghe prestazioni lavorative correttamente gestite” parrebbe configurarsi esclusivamente una mera violazione dell’obbligo di comunicazione, inidonea quindi a comportare l’irrogazione della maxisanzione. In caso contrario, qualora le due condizioni precedentemente richiamate non risultassero soddisfatte, vedrebbe, invece, applicazione la disciplina relativa al lavoro “nero”, il cui regime sanzionatorio, ai sensi dell’art. 22, comma 1, del D.lgs. n. 151/2015, prescrive il pagamento di somme “da euro 1.500 a euro 9.000 per ciascun lavoratore irregolare” per un impiego massimo di trenta giorni lavorativi, “da euro 3.000 a euro 18.000” fino a sessanta giorni e “da euro 6.000 a euro 36.000” a partire dal sessantunesimo giorno, purché si dia prova di un effettivo rapporto di subordinazione intercorrente tra i due soggetti.

La stessa sanzione è riservata agli utilizzatori che procedano entro tre giorni alla revoca della comunicazione relativa alla prestazione richiesta nonostante questa abbia, al contrario, avuto luogo. In questo senso, con l’obiettivo di monitorare le eventuali pratiche elusive che dal meccanismo della revoca possano discendere, la stessa circolare si preoccupa di sottolineare come l’Ispettorato, congiuntamente con l’INPS, predisporrà degli strumenti di controllo, particolarmente penetrante, della frequenza e delle modalità di utilizzo delle revoche.
Appare prematura una valutazione circa l’adeguatezza del sistema sanzionatorio nel suo complesso, ossia se lo stesso possa efficacemente neutralizzare, unitamente ai nuovi e ingenti limiti dimensionali e temporali per l’utilizzo dello strumento, le condotte elusive che avevano indubbiamente caratterizzato i voucher nella configurazione originaria, a scapito in particolare dei lavoratori coinvolti. Va, inoltre, osservato come l’esclusione delle Pubbliche Amministrazioni dall’obbligo di comunicazione all’INPS si presti a suscitare dubbi in relazione agli effetti concreti di tale disposizione: in tal modo risulta, infatti, del tutto ardua, per l’ente stesso, una reale verifica del rispetto dei limiti complessivi posti in capo al prestatore che svolga solo parte delle attività in favore di una P.A..