Lo sviluppo sostenibile

Volgendo lo sguardo al panorama socioeconomico pare evidente come, nel corso degli ultimi decenni, siano emerse tendenze contrastanti con le politiche di benessere e stabilità sociale che hanno ispirato i Governi occidentali (e non solo) dal Secondo dopoguerra. Si assiste, infatti, da un lato a continue crisi che affliggono e minano i sistemi economici su cui sono stati fondati i modelli di sviluppo dei Paesi occidentali e dall’altro all’incapacità delle tradizionali architetture di welfare di far fronte ai nuovi rischi sociali emergenti.

Su questi processi, già di per sé fortemente destabilizzanti, si innesta l’acuirsi della crisi climatica ed ambientale, i cui effetti deleteri si ripercuotono non solo sulla salute e sul benessere generale della popolazione ma anche sui mercati e sulla finanza globale, sempre più instabili e turbolenti.

Parallelamente, si comprende come negli ultimi anni, sia sempre più avvertita l’esigenza di individuare nuovi paradigmi di impresa in grado di far fronte alle nuove sfide sociali, ambientali ed economiche.

L’idea di sviluppo sostenibile si fonda sulla simultanea coesistenza di tre dimensioni – economica, ambientale e sociale – e prevede che lo sviluppo economico deve proseguire di pari passo con l’attenzione per l’ambiente ed il sociale. A partire dagli anni ‘90 si diffonde sempre più il concetto di Corporate Social Responsibility (CSR) inteso come obbligo di un’organizzazione di perseguire il proprio business in armonia con gli obiettivi sociali e ambientali del territorio di riferimento.

Inquadramento normativo

Ebbene, nell’ambito di tale contesto economico e normativo, preso atto della necessità di ridefinire il modo in cui l’attività d’impresa genera ricchezza e benessere in considerazione anche degli equilibri sociali e ambientali, si inserisce la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di Stabilità 2016), la quale, con i commi da 376 a 384 dell’art. 1, ha introdotto nel nostro Ordinamento giuridico la società benefit.

L’art. 1, comma 376, definisce le società benefit come quelle «che nell’esercizio di una attività economica, oltre allo scopo di dividerne gli utili, perseguono una o più finalità di beneficio comune e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interesse». Il «beneficio comune» viene individuato dal Legislatore (comma 378, lett. a) nel «perseguimento, nell’esercizio dell’attività economica delle società benefit, di uno o più effetti positivi, o la riduzione degli effetti negativi, su una o più categorie» dei portatori di interesse citati nel comma 376.

Dalla lettura di tale disposizione emerge come la normativa, a differenza di quanto accade per le start-up innovative a beneficio sociale, non individua quali siano le finalità di beneficio comune da perseguire che quindi sono rimesse all’arbitrio dei soci.

Forma societaria

È utile altresì osservare come la società benefit non costituisca un nuovo tipo sociale, bensì una società, riconducibile alle tradizionali categorie, che persegue, oltre allo scopo di lucro, uno scopo di “utilità comune”. Irrilevante è la forma societaria scelta, posto che secondo il dettato normativo (comma 377) possono perseguire una o più finalità di beneficio comune ciascuna delle società di cui al Libro V, Titoli V e VI, del Codice civile (sia le società di persone che le società di capitali), comprese le società consortili e le cooperative.

In altre parole, qualsiasi forma legale societaria prevista dal nostro Ordinamento può diventare una società benefit in Italia, sia le società di persone, sia le società di capitali.

Quando si parla di società benefit non ci si riferisce ad una nuova forma legale di società, accanto a quelle già conosciute e disciplinate dal Codice civile, ma a un nuovo modello di business. Non possono accedere a tale forma societaria: i professionisti, le Srls proprio per il regime semplificato, le start up innovative con regime semplificato. Deve essere indicata, nell’ambito del proprio oggetto sociale, la finalità specifica di beneficio comune da perseguire. La società benefit è, come detto, una società che, unitamente allo scopo di lucro, persegue un beneficio comune in modo responsabile, sostenibile e trasparente.

La società benefit è diversa da una società no profit perché quest’ultima non genera utili mentre la società di benefit persegue anche un obiettivo di lucro.

Affinché venga attribuita la qualifica giuridica di società benefit è necessario il rispetto delle indicazioni dettate dalla normativa, quindi, per le società costituende è sufficiente la previsione nello statuto dei vari requisiti richiesti dal dettato normativo, viceversa per le società già esistenti, è necessario procedere solo ad una modifica statuaria relativamente alla descrizione dell’oggetto sociale: non si tratta infatti di una trasformazione di società, la quale comporterebbe il passaggio da un tipo di società ad un altro, bensì di una ordinaria modifica statuaria.

La struttura dell’oggetto sociale è duplice in quanto deve indicare, accanto all’attività profit propria dell’impresa, le finalità di beneficio comune ossia il perseguimento, nell’esercizio dell’attività economica, di uno o più effetti positivi, o la riduzione degli effetti negativi, nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni e gruppi di soggetti coinvolti, direttamente o indirettamente, dall’attività delle società quali lavoratori, clienti, fornitori, finanziatori, creditori, P.A. e società civile (commi 377, 378). La descrizione statutaria del beneficio è essenziale in quanto l’inserimento del beneficio comune nell’oggetto sociale mira a vincolare gli amministratori al perseguimento degli scopi benefit ai sensi dell’art. 2380-bis c.c., secondo cui gli amministratori «compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale».

La società deve individuare il soggetto o i soggetti responsabili a cui affidare funzioni e compiti volti al perseguimento delle finalità di beneficio comune (comma 380), nonché deve disciplinare gli obblighi degli amministratori per la redazione e la pubblicazione della relazione annuale riguardante il perseguimento del beneficio comune.

Requisiti

I commi 376 e 377 dell’art. 1 della legge 208/2015 stabiliscono i requisiti delle società benefit in Italia:

  • esercizio di una attività economica;
  • scopo di lucro e di beneficio comune; gestione volta al bilanciamento tra l’interesse dei soci e con l’interesse di coloro sui quali l’attività sociale possa avere un impatto;
  • attività sociale svolta in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interesse.

Il «beneficio» può consistere in una donazione a enti di volontariato o attività analoghe ma anche alla formazione dei dipendenti, allo svolgimento di attività mirate al miglioramento delle condizioni di vita/lavoro degli stessi lavoratori e a qualsiasi altro obiettivo di interesse comune. Il beneficio può essere anche l’attenuazione degli effetti negativi dell’attività economica dell’azienda.

È consigliabile che il beneficio sia coerente e/o legato con l’oggetto dell’attività della società. In ogni caso, purché compatibili con la mission aziendale, alle imprese benefit è concessa ampia discrezionalità nell’individuare il beneficio comune, potendo questo variare dal campo economico, al campo sociale, a quello ambientale, come inquinamento e riduzione dei rischi per la salute dei lavoratori.

I beneficiari quindi dell’attività di tale società possono essere: le persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni in altri portatori di interesse, i lavoratori, clienti, fornitori, finanziatori, creditori, Pubblica Amministrazione e società civile, ossia qualunque soggetto, coinvolto nell’attività posta in essere dalla società benefit, anche indirettamente.

Valutazione d’impatto

L’obbligo di misurazione e valutazione degli impatti generati dall’attività economica nei confronti della collettività e del territorio costituisce sicuramente uno degli obblighi che maggiormente caratterizzano e definiscono la società benefit. La valutazione dell’impatto è regolata, per quanto riguarda l’oggetto e i criteri di redazione dagli allegati 4 e 5 della legge n. 208/2015, in particolare, l’allegato 5 individua quattro aree di analisi della valutazione d’impatto della società benefit:

  1. a governance, per valutare il grado di trasparenza e responsabilità della società nel perseguimento delle finalità di beneficio comune;
  2. i rapporti con i lavoratori, per valutare le relazioni con i dipendenti e i collaboratori in termini di retribuzioni e benefit, formazione e opportunità di crescita personale, qualità dell’ambiente di lavoro, comunicazione interna, flessibilità e sicurezza del lavoro;
  3. i rapporti con gli altri portatori d’interesse, per valutare le relazioni della società con i propri fornitori, con il territorio e le comunità locali in cui opera, le azioni di volontariato, le donazioni, le attività culturali e sociali, e ogni azione di supporto allo sviluppo locale e della propria catena di fornitura;
  4. l’ambiente, per valutare gli impatti della società sullo stesso.

Relazione annuale e controlli

La società benefit redige annualmente una relazione concernente il perseguimento del beneficio comune, da allegare al bilancio societario e che include: a) la descrizione degli obiettivi specifici, delle modalità e delle azioni attuati dagli amministratori per il perseguimento delle finalità di beneficio comune e delle eventuali circostanze che lo hanno impedito o rallentato; b) la valutazione dell’impatto generato utilizzando lo standard di valutazione esterno con caratteristiche descritte nella legge; c) una sezione dedicata alla descrizione dei nuovi obiettivi che la società intende perseguire nell’esercizio successivo.

Come ben si intuisce, la maggior parte degli obblighi gravanti sulla società e sugli amministratori sono finalizzati a garantire una corretta comunicazione agli operatori economici e ai consumatori, con lo scopo di garantire la trasparenza circa il reale perseguimento delle finalità ulteriori rispetto al mero profitto, così da evitare che chi non realizzi tali obiettivi possa beneficiare del relativo vantaggio competitivo e reputazionale, nonché erroneamente condizionare le scelte dei consumatori.

A tal fine, la società benefit è soggetta ad una serie di controlli esterni ed interni.

Per quanto riguarda i primi, il comma 384 prevede che «La società benefit che non persegua le finalità di beneficio comune è soggetta alle disposizioni di cui al Decreto legislativo 2 agosto 2007, n. 145, in materia di pubblicità ingannevole e alle disposizioni del Codice del consumo, di cui al Decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato svolge i relativi compiti e attività, nei limiti delle risorse disponibili e senza nuovi o maggiori oneri a carico dei soggetti vigilati».

È innegabile, infatti, che l’aggiunta alla denominazione sociale delle parole “società benefit” possa generare un vantaggio competitivo per quelle imprese che vogliano diffondere il proprio impegno sociale verso la comunità o verso l’ambiente e proprio per questo motivo, si è ritenuto che l’ente deputato ad eseguire tali controlli sulle società benefit dovesse essere l’Autorità Garante Della Concorrenza e del Mercato.

Si specifica altresì che, allo stato attuale, nessuna norma prevede espressamente vantaggi o agevolazioni fiscali per le società benefit in Italia. La normativa fiscale oggi vigente prevede unicamente un beneficio fiscale in sede di costituzione di una società benefit o di trasformazione di una società già esistente in tale forma.

Generalmente, le società benefit non possono ricavare le proprie risorse da fondi pubblici e da contributi da singoli Enti pubblici come invece regolarmente accade per gli Enti del Terzo settore.

Per essere una società benefit non è necessario essere in possesso però di alcuna certificazione, a differenza di quel che accade per le B-Corp (R) o B-Corporation (R) che sono società che ricevono una certificazione all’esito della valutazione circa la performance di sostenibilità ambientale e sociale, sulla base di criteri che differiscono da quelli indicati nella legge n. 208/2015.

Nuovo modo di fare impresa

I vantaggi derivanti per le aziende dalla costituzione di una società benefit sono molteplici, si pensi, ad esempio:

  • alla sostenibilità che sarà il requisito di tutte le organizzazioni in futuro. La sostenibilità è la ricerca di un equilibrio tra area economica – quindi profitto -, area sociale, comprese tutte le tematiche del lavoro e area ambientale;
  • all’aumento dell’attrattività verso l’acquirente e/o il cliente finale;
  • al miglioramento dell’immagine aziendale e del business, con i conseguenti benefici economici in quanto la sostenibilità funziona come attrattore di collaborazioni e sinergie con altre aziende aventi la stessa mission, creando un circolo virtuoso;
  • all’indiscutibile vantaggio reputazionale, il volume di capitali che gli investitori vogliono destinare alle società benefit è in forte crescita; alla proattività dei lavoratori coinvolti direttamente nei benefici economici e/o del territorio e/o dell’ambiente sociale in cui vivono con tutte le conseguenze positive per le aziende anche in termini economici;
  • al consolidamento dei rapporti di lavoro, proprio perché i lavoratori avranno un interesse in più nel prestare la propria opera per l’azienda; al miglioramento dei rapporti con gli istituti di credito che sono più propensi a concedere finanziamenti a tassi agevolati a queste aziende e ciò anche perché vi sono spazi riservati alle stesse e sovvenzioni dedicate;
  • agli amministratori di una società benefit che godono di una protezione in più rispetto alla loro responsabilità, cioè non può essere censurata la loro attività, inclusi gli investimenti, finalizzata ad ottenere lo scopo delineato come beneficio comune (comma 381);
  • al fatto che a beneficiare delle aziende sostenibili, non sono solo i soci, ma i «portatori di interesse» ossia «soggetti coinvolti, direttamente o indirettamente, dall’attività delle società (…), quali lavoratori, clienti, fornitori, finanziatori, creditori, Pubblica Amministrazione e società civile».
  • al perseguimento dello scopo di lucro da parte delle società benefit, quindi l’assenza della necessità di ricorrere alla raccolta di fondi o a donazioni esterne per la realizzazione dei propri scopi sociali;
  • al fatto che non sono soggetti giuridici sottoposti a pressanti verifiche e controlli da parte del Ministero delle Finanze, non essendo previsti benefici fiscali particolari;
  • diventare una società benefit non implica l’adozione di una nuova forma giuridica e societaria ma solo una modifica dello statuto e/o dell’atto costitutivo con l’aggiunta allo scopo degli utili della finalità del raggiungimento dello scopo comune prescelto, ciò, ovviamente, per le società già costituite.

Impatto sui lavoratori dipendenti

La grande novità della società benefit è che, nonostante persegua lo scopo di lucro (che rappresenta la sua sostenibilità economica), affianca allo stesso tempo uno o più scopi benefit, cioè sociali o di pubblica utilità.

L’impegno, dunque, è creare profitto, ossia un valore per se stessa, ma anche per tutti gli stakeholders (clienti, dipendenti, comunità), la società, l’ambiente e per poter realizzare l’obiettivo è necessario anche il coinvolgimento delle risorse umane, primi tra tutti gli amministratori. Infatti, quale che sia lo scopo benefit che la società intende perseguire è evidente che l’impegno dovrà essere innanzitutto all’interno dello stesso contesto lavorativo e da parte dei propri dipendenti. Strumenti da mettere in atto:

  • il processo di selezione del personale che deve permettere di riconoscere e attrarre i talenti in grado di rispondere alle esigenze di business ed agli obiettivi aziendali offrendo, nel contempo, come target la soddisfazione del capitale umano. La valutazione non si concentrerà solo sulle competenze, ma anche sulle doti umane, la curiosità innanzitutto;
  • la motivazione in capo a Amministratori e HR, i quali, a loro volta, devono avere il compito di incentivare le risorse ad adottare le condotte utili per il perseguimento dello scopo benefit, attraverso corsi di formazione specifici e corsi di

aggiornamento periodici;

  • la previsione di un piano di obiettivi legato alla retribuzione variabile come incentivo sia per gli Amministratori e HR, sia per tutti i dipendenti, a prescindere dalla qualifica ed inquadramento, ad adottare condotte utili al perseguimento

dello scopo benefit;

  • l’ascolto, condivisione e partecipazione per sviluppare e accrescere il senso di appartenenza utile per mantenere alto il livello di partecipazione delle risorse al perseguimento degli obiettivi aziendali. La capacità di coinvolgere le persone permette di mantenere il capitale umano offrendo maggiori certezze dal punto di vista psicologico utili per favorire benessere. Tra gli strumenti adottati il c.d. “feed back”, la possibilità per il dipendente di esprimere opinioni e fornire suggerimenti. Feed back che deve essere di aiuto per chi lo riceve, attuabile e colui che lo riceve deve mostrare apprezzamento, ferma poi la decisione migliore da adottare attraverso uno scambio di informazioni. La trasparenza nella comunicazione che crea fiducia e rende agevole la soluzione di problematiche offrendo vantaggi in termini di riorganizzazione;
  • i corsi di formazione e aggiornamento che possono essere organizzati ad hoc per migliorare le performance dei dipendenti e per le esigenze di ognuno di loro, grazie ad esperienze di apprendimento ed alla possibilità di corsi promossi anche dagli stessi dipendenti nell’arco della giornata lavorativa, se ritengono che sia necessario approfondire argomenti o risolvere problematiche, dubbi e perplessità, dunque, i dipendenti si fanno loro stessi promotori dell’attività formativa.
  • la condivisione di spazi extra lavorativi per migliorare la comunicazione e promuovere l’integrazione tra le risorse ed i singoli team, aumentare la produttività e la motivazione, ma soprattutto anche dare analoghe opportunità a ciascun dipendente a prescindere dalle possibilità sociali ed economiche di ognuno.

In conclusione, promuovere il rispetto sia dei valori sia della cultura aziendale per il raggiungimento di un progetto benefit, con lo scopo anche di far sì che le persone possano adottarlo anche nell’ambito della propria sfera privata trasmettendolo a famigliari, parenti e amici.

La diffusione delle società benefit nel contesto italiano ed internazionale propone nuove sfide e opportunità per le organizzazioni e contribuisce alla diffusione di un nuovo paradigma di impresa, antitetico rispetto al passato, che riesce a coniugare la produzione del profitto economico con la creazione di un valore sociale e ambientale. In questo senso, le società benefit sono un nuovo modo di fare impresa che vede il ruolo delle aziende nella società, come soggetti capaci di creare valore sociale oltre al profitto. Sarebbe opportuno incentivare e incoraggiare questo nuovo modo di fare impresa affinché diventi la nuova normalità degli assetti societari, nell’ottica di un nuovo sistema economico sostenibile, in cui la ricchezza non sia parametrata al solo profitto generato dall’impresa bensì più in generale anche al benessere prodotto per l’intera collettività.

CONTRIBUTO PUBBLICATO SU DIRITTO & PRATICA DEL LAVORO