Secondo la giurisprudenza di legittimità, il tempo necessario a indossare l’abbigliamento di servizio (c.d. “tempo tuta“) rientra nell’orario di lavoro retribuito soltanto ove esso sia qualificato da eterodirezione riguardo al tempo, al modo e al luogo della vestizione e dismissione degli indumenti di lavoro, con il vincolo di indossarli direttamente sul posto di lavoro.
L’attività di vestizione/svestizione rientra invece nella diligenza preparatoria inclusa nell’obbligazione principale del lavoratore – e non dà titolo ad autonomo corrispettivo – ogniqualvolta il tempo necessario ad indossare la divisa aziendale non sia assoggettato al potere di conformazione datoriale. Così, se il lavoratore abbia avuto in dotazione gli indumenti di lavoro e disponga della possibilità di portarli al proprio domicilio e gli sia data la facoltà di scegliere il tempo e il luogo in cui indossare la divisa, l’attività in esame fa parte degli atti di diligenza preparatoria allo svolgimento dell’attività lavorativa e, come tale, non deve essere retribuita. A nulla rileva, a tal fine, la circostanza che il datore di lavoro abbia, ad esempio, creato le condizioni affinché i dipendenti possano cambiarsi sul luogo di lavoro, se tale attività non trovi anche fondamento nell’eterodirezione.
Così, la Corte di Cassazione (Cass. 7 giugno 2021 n. 15763), confermando la pronuncia del giudice di secondo grado, rigettava il ricorso proposto dai lavoratori dichiarando non dovuta alcuna retribuzione a titolo di tempo tuta per assenza dell’esercizio del potere di eterodirezione, non essendo stata raggiunta la prova, nel giudizio di appello, dell’imposizione in capo ai dipendenti dell’obbligo di indossare gli abiti da lavoro negli appositi spogliatoi aziendali, ben potendo gli stessi recarsi al lavoro e far ritorno a casa indossandoli. Né venne ritenuta rilevante la circostanza che il datore di lavoro avesse offerto servizi quali spogliatoio, doccia e lavanderia, in merito all’utilizzo dei quali ai lavoratori era lasciata totale libertà di scelta.
Quanto al concetto di eterodirezione, è stato specificato che essa può derivare da un’esplicita disciplina d’impresa, ma può risultare anche implicitamente dalla natura degli indumenti da indossare o dalla specifica funzione che essi devono assolvere nello svolgimento della prestazione. Possono quindi determinare un obbligo di indossare la divisa sul luogo di lavoro ragioni d’igiene imposte dalla prestazione lavorativa ed anche la qualità degli indumenti, quando essi siano diversi da quelli utilizzati nell’abbigliamento secondo un criterio di normalità sociale dell’abbigliamento.
Nella specie, la Corte ha riformato la decisione di merito, che aveva respinto la domanda di lavoratori che prestavano assistenza ad anziani non autosufficienti, sull’assunto che dovevano solo portare una “divisa pulita”, senza accertare il grado di igiene e le caratteristiche richiesti (Cass. 26 gennaio 2016 n. 1352). Rispetto al calcolo della retribuzione, va riconosciuto al lavoratore il pagamento di una somma calcolata in base al tempo stimato di vestizione/svestizione, tenuto conto del valore della retribuzione oraria prevista per il lavoro straordinario per il numero delle giornate lavorative comprese nel lasso di tempo individuato.
Retribuzione del tempo tuta degli operatori sanitari
In ambito sanitario la materia del c.d. tempo tuta trova disciplina nell’art. 27, c. 11 e 12, CCNL Comparto Sanità 2016-2018: “Nei casi in cui gli operatori di ruolo sanitario […] debbano indossare apposite divise per lo svolgimento della prestazione e le operazioni di vestizione e svestizione, per ragioni di igiene e sicurezza, debbano avvenire all’interno della sede di lavoro, l’orario di lavoro riconosciuto ricomprende fino a 10 minuti complessivi destinati a tali attività, tra entrata e uscita, purché risultanti dalle timbrature effettuate, fatti salvi gli accordi di miglior favore in essere. Nelle unità operative che garantiscono la continuità assistenziale sulle 24 ore, ove sia necessario un passaggio di consegne, agli operatori sanitari sono riconosciuti fino ad un massimo di 15 minuti complessivi tra vestizione, svestizione e passaggi di consegne, purché risultanti dalle timbrature effettuate, fatti salvi gli accordi di miglior favore in essere”.
Il citato CCNL ha recepito l’orientamento del giudice di legittimità, secondo cui l’attività di vestizione del personale sanitario attiene a comportamenti integrativi dell’obbligazione principale ed è funzionale al corretto espletamento dei doveri di diligenza preparatoria.
La Corte di Cassazione, facendo riferimento in alcuni casi al concetto di “eterodirezione implicita”, in altri all’obbligo imposto dalle superiori esigenze di sicurezza ed igiene, discendente dall’interesse all’igiene pubblica, in altri ancora all’esistenza di “autorizzazione implicita” – laddove tali operazioni debbano avvenire nei locali aziendali per ragioni di igiene e sicurezza pubblica – ha ritenuto l’attività di vestizione/svestizione rientrante nell’orario di lavoro, a nulla rilevando la presenza o l’assenza di precise disposizioni del datore di lavoro contenute in regolamenti o in ordini di servizio: il cambio assurge a condizione necessaria per operare all’interno dell’ambiente di lavoro.
È stato precisato, infatti, che le attività in esame non sono svolte soltanto nell’interesse dell’azienda, ma rispondono altresì ad un obbligo imposto dalle superiori esigenze di sicurezza e igiene riguardanti sia la gestione del servizio pubblico, sia la stessa incolumità del personale addetto al servizio e, come tali, esse devono ritenersi implicitamente autorizzate da parte dell’azienda stessa e retribuite al di là del rapporto sinallagmatico (Cass. 22 novembre 2017 n. 27799). Ciò che rileva è unicamente che le attività preparatorie di cui trattasi siano state svolte all’interno dell’orario di lavoro (e come tali retribuite) o al di fuori dell’orario del turno – qualora sia stata effettuata prima dell’inizio e dopo la fine del turno – dovendo in tal caso essere autonomamente retribuite; posto che si tratta di attività che, in quanto svolte nell’interesse del servizio pubblico oltre che a tutela dell’incolumità del personale addetto, devono ritenersi implicitamente autorizzate dall’Azienda ed anzi da essa imposte, potendo in mancanza l’Azienda rifiutare di ricevere la prestazione. Pertanto, quand’anche siano assenti precise disposizioni datoriali, l’attività di vestizione va considerata come un’azione eterodiretta e non meramente preparatoria allo svolgimento dell’attività lavorativa, rimessa quanto alle modalità ed ai tempi di svolgimento alla mera scelta del lavoratore, sicché essa non può essere collocata al di fuori dell’orario di lavoro (Cass. 1° marzo 2022 n. 6706).
Un caso recente
La gestione della retribuzione del tempo tuta è stata esaminata recentemente anche dal Tribunale di Cuneo (Trib. Cuneo 22 marzo 2022 n. 20).
La ricorrente, dedotto di essere stata dipendente della convenuta come OSS per il periodo da febbraio 2009 ad agosto 2019, chiedeva il riconoscimento e il pagamento del lavoro straordinario per i c.d. tempo consegne e tempo divisa, pari a 15 minuti al giorno (pari a 4 ore mensili) per il periodo suddetto, durante il quale alla stessa veniva fatta richiesta di presentarsi in anticipo rispetto all’inizio del turno per indossare la divisa e per lo scambio delle consegne. La convenuta resisteva, affermando che i lavoratori avrebbero di propria iniziativa proceduto alla vestizione all’interno della sede di lavoro, eccependo anche la mancanza della prova di eterodirezione per assenza di accenni nel CCNL e per mancanza di disposizioni o comunicazioni ufficiali da parte della società datrice di lavoro. Il Tribunale accoglieva il ricorso, riconoscendo che il tempo impiegato dalla ricorrente per la vestizione e svestizione della divisa è strettamente funzionale all’esecuzione della prestazione lavorativa di OSS ed integra un’attività costituente corretto adempimento di un obbligo nascente dal rapporto di lavoro. Condannava la convenuta a corrispondere alla ricorrente, a titolo di lavoro straordinario non retribuito, il “tempo camice e passaggio consegne” per il periodo da febbraio 2009 a luglio 2019.