I dirigenti rappresentano la categoria principale tra i lavoratori subordinati: ciò è dovuto non solo alla rilevanza delle responsabilità loro affidate, ma anche all’alto grado di autonomia con cui operano nonché, in generale, alla posizione apicale ricoperta all’interno di qualsiasi tipo di azienda.
Oltre che da un punto di vista formale, il dirigente può considerarsi tale anche ove sia dotato di una serie di caratteristiche sostanziali: la fonte principale per identificarli è rappresentata dai vari CCNL di riferimento; i più eminenti in questi termini sono quelli relativi all’Industria ed al Terziario. Stando a tali fonti, il dirigente è tendenzialmente un lavoratore subordinato che ricopre un ruolo che richiede un elevato grado di professionalità, su cui ricadono rilevanti responsabilità in ambito decisionale e la cui attività è diretta a promuovere, coordinare e gestire la realizzazione degli obiettivi: si tratta, dunque, di una figura a cavallo tra i vertici amministrativi aziendali e la categoria, più ampia, dei lavoratori. Ad esempio, sono spesso riconosciuti come dirigenti i direttori, i procuratori speciali con stabile mandato o i capi di importanti servizi e uffici.
La disciplina applicabile ai dirigenti è costituita dalle norme generali di riferimento per tutti i lavoratori subordinati e, ove questa manchi di regolare alcuni aspetti peculiari di queste figure, a tali mancanze sopperisce la contrattazione collettiva del settore di appartenenza.
Il diritto all’indennità “da preavviso” o “sostitutiva”
Come è previsto per tutte le altre categorie di dipendenti, anche per i dirigenti che cessano il loro rapporto di lavoro – a prescindere che ciò sia avvenuto per loro decisione o su provvedimento aziendale – a questi ultimi spettano tutte le competenze di fine rapporto; tra queste può essere ricompresa la c.d. indennità da mancato preavviso.
Naturalmente, vi sono alcuni casi eccezionali in cui tale elemento non è dovuto: ad esempio, ove il rapporto di lavoro sia cessato per risoluzione consensuale delle parti e vi sia stata la sottoscrizione di un accordo che evidenzi tale avvenimento; oppure, ancora, non è necessario fornire un adeguato preavviso prima di concludere il rapporto lavorativo nel caso in cui ciò sia conseguenza di un licenziamento comminato o di dimissioni rassegnate per giusta causa.
L’indennità da preavviso nel licenziamento
Eccezion fatta per gli scenari appena evidenziati, la regola prevede che, in tutti gli altri casi (ad esempio, ove venga comminato un licenziamento per giustificato motivo oggettivo) il datore di lavoro abbia la facoltà di recedere dal rapporto dandone regolare preavviso.
Questi, tuttavia, può anche decidere di esonerare il dipendente dal prestare servizio durante tale periodo, restando però onerato di riconoscere in favore del dipendente una somma che sostituisca il periodo di preavviso cui questi avrebbe diritto ex lege, durante il quale avrebbe normalmente lavorato e, dunque, maturato una retribuzione: da ciò deriva il concetto della c.d. indennità da mancato preavviso (o “sostitutiva” del preavviso stesso). In linea di principio, tale indennità viene calcolata secondo due diverse modalità, a seconda del CCNL che si prenda a riferimento: si può infatti partire dalla retribuzione che il dirigente avrebbe percepito, come se questi avesse lavorato indipendentemente dal resto; oppure, il calcolo può basarsi sulla retribuzione di fatto in essere, considerando anche gli elementi variabili che la compongono (quali premi, partecipazioni agli utili o provvigioni) – il calcolo dell’indennità avviene, in questi casi, sulla media degli emolumenti degli ultimi tre anni o del minor periodo lavorato se l’anzianità di servizio è inferiore a tale periodo. Come detto, i diversi riferimenti citati variano a seconda delle previsioni specifiche del proprio CCNL di riferimento.
Il preavviso decorre dal primo giorno del mese successivo a quello della data di ricevimento della comunicazione di licenziamento. Di norma, tale periodo varia da un minimo di 6 mesi a un massimo di 12 mesi, in considerazione dell’anzianità aziendale o di servizio maturata. La nomina a dirigente di un dipendente già in servizio comporta il riconoscimento dell’anzianità già maturata con l’altra qualifica agli effetti del preavviso.
In costanza di periodo di preavviso il dirigente non può essere obbligato a prestare attività, soprattutto se essa debba esplicarsi sulla base di direttive ricevute dalla nuova figura, di pari livello, chiamata a sostituirlo; in ogni caso, ove il datore sia d’accordo, tale possibilità non è impedita al dirigente che ritenga di voler adempiere spontaneamente.
Una delle ultime novità in ambito dirigenziale con riferimento al settore pensionistico risale all’ottobre 2011: per i dirigenti che, da tale data, siano in possesso dei requisiti per la pensione di vecchiaia, le mensilità di preavviso dovute verranno sostituite da un unico periodo di 30 giorni, integrato dalla mensilità eventualmente necessarie per conseguire l’effettivo accesso al trattamento pensionistico.
L’indennità da preavviso nelle dimissioni
Naturalmente, anche nel caso in cui sia il dirigente a rassegnare le proprie dimissioni anche questi è tenuto a riconoscere al proprio datore un periodo di preavviso (anche in questo caso, lo stesso è determinato in base al CCNL applicato, dagli usi, o stabilito secondo equità) salvo, come si è detto, che dietro tale decisione vi sia una giusta causa.
La regolamentazione del periodo di preavviso scaturito dall’aver rassegnato le proprie dimissioni non si discosta troppo da quella prevista in caso di licenziamento.
Anche in questo caso, infatti, durante il preavviso il rapporto continua regolarmente: il dirigente è quindi tenuto a osservare tutte le regole fissate dal datore per lo svolgimento dell’attività e, pertanto, non può rifiutarsi di fornire la propria prestazione lavorativa: ove ciò accada senza che il proprio datore lo abbia formalmente dispensato da ciò, questi dovrà risarcirlo con una indennità equivalente all’importo della retribuzione che gli sarebbe spettata per il periodo di preavviso. Tale importo è trattenuto dal datore stesso direttamente dalle competenze spettanti al dirigente dimissionario.