Con sentenza n. 25/2021 la Consulta ha avuto modo di esprimere parere in merito ad alcune previsioni di cui alla legge regionale della Regione Sicilia del 16 ottobre 2019, n. 17, rubricata “Collegato alla legge di stabilità regionale per l’anno 2019 in materia di attività produttive, lavoro, territorio e ambiente, istruzione e formazione professionale, attività culturali, sanità. Disposizioni varie relativi al pubblico impiego, e ritenuti in conflitto con le norme costituzionali relative ad alcuni aspetti del rapporto di lavoro”.

Circostanze di fatto e domande del ricorrente
Nel caso specifico, il ricorrente citava l’art. 2 della norma citata la quale disciplina un processo di rimodulazione in senso riduttivo della dotazione organica dell’Istituto Incremento Ippico per la Sicilia sulla base delle previsioni di cui al Decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (c.d. Testo Unico sul pubblico impiego). Tale previsione, a parere del ricorrente, si poneva in netto contrasto con l’art. 117 Cost., comma II, lett. l) il quale, come è noto, prevede la legislazione esclusiva dello Stato in materia di giurisdizione e norme processuali, ordinamento civile e penale, giustizia amministrativa.
Il conflitto in questione scaturiva dal fatto che la norma regionale non avesse la competenza di prevedere un accordo di mobilità che si occupasse anche della copertura dei posti vacanti resi tali a seguito della riduzione della dotazione organica – attività che, a norma del citato art. 117 Cost., rilevando la stessa nell’ambito del pubblico impiego privatizzato, dovrebbe essere totale appannaggio dello Stato. In particolare, quindi, il comma 7 della legge regionale veniva denunciato nella parte in cui stabilisce che nell’eventuale accordo di mobilità possa essere disciplinata anche la copertura dei posti vacanti all’esito della riduzione della dotazione organica dell’Istituto Incremento Ippico per la Sicilia.
Con riferimento, poi, all’elemento del distacco, il ricorrente rilevava che la legge regionale gestiva il personale – eccedendo dunque la propria competenza – attraverso tale istituto, con la particolare previsione che il personale distaccato restava responsabilità dell’amministrazione distaccante sia dal punto di vista economico che normativo. Tutto ciò non dovrebbe però neppure verificarsi poiché, in base a quanto lamentato da parte ricorrente, in questi casi il distacco non è previsto ed anzi, la soluzione cui deve farsi ricorso ex lege è la risoluzione del rapporto di lavoro.
Elemento centrale delle domande di parte ricorrente era inoltre l’impugnazione dell’art. 8 della legge reg. Siciliana n. 17/2019, la quale prorogava il termine di applicabilità di utilizzo da parte degli Istituti autonomi case popolari della Sicilia a titolo esclusivo di anticipazione di liquidità, delle somme derivanti dalle economie di finanziamenti e cessione. Secondo quanto stabilito dal ricorrente, questa disposizione regionale violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all’art. 3, comma l, lettera a), del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47 (Misure urgenti per l’emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015), convertito, con modificazioni, in legge 23 maggio 2014, n. 80, principio fondamentale nella materia «coordinamento della finanza pubblica», il quale prevede che le risorse derivanti dalle alienazioni degli alloggi di edilizia residenziale debbano essere destinate esclusivamente a un programma straordinario di realizzazione o di acquisto di nuovi alloggi di edilizia residenziale pubblica e di manutenzione straordinaria del patrimonio esistente.
Inoltre, parte ricorrente sosteneva altresì che l’art. 13, comma 1, della legge reg. Siciliana n. 17 del 2019 si ponesse in contrasto con l’art. 117, secondo comma lettera l), Cost., in quanto estende il regime della stabilizzazione di cui all’art. 30 della legge della Regione Siciliana 28 gennaio 2014, n. 5 ai lavoratori socialmente utili (LSU) o di pubblica utilità (LPU) assunti presso altra società e già destinatari di benefici economici previsti dalle norme in materia di consorzi di bonifica e di personale, per il caso di crisi aziendali, di area o di settore; così intesa la normativa di riferimento, essa interveniva sul rapporto di lavoro di detti lavoratori. La disposizione censurata, a parere del ricorrente, pertanto, era riconducibile alla materia di competenza esclusiva statale. La stessa, peraltro, si riteneva violasse l’art. 97, quarto comma, Cost., in quanto consentirebbe la stabilizzazione degli LSU assunti presso la società Almaviva Contact spa, in violazione del principio del pubblico concorso quale canale ordinario di impiego nelle pubbliche amministrazioni.
Infine, veniva altresì impugnato l’art. 15, comma 3, della legge reg. Siciliana n. 17/2019, nella parte in cui tale disposizione contrasterebbe con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., poiché estenderebbe l’ambito soggettivo di applicazione delle procedure di stabilizzazione del precariato nelle pubbliche amministrazioni agli LSU o agli LPU, per i quali è, invece, prevista una diversa, più specifica disciplina di cui al D. L. n. 101/2013 e della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.
A fronte di richieste così specifiche e particolarmente tecniche, la Corte costituzionale ha dovuto affrontare singolarmente le domande di parte ricorrente, tenendo ben saldi i punti centrali delle richieste.

Motivazioni in diritto
Passando al merito, la Corte costituzionale offre un quadro normativo di riferimento che sia il più completo possibile, all’interno del quale si collocano le disposizioni censurate.
In particolare, la Corte offre anzitutto una visione del comma 6 dell’art. 2 della legge reg. Siciliana n. 17/2019 il quale prevede che, al fine della ricollocazione totale o parziale del personale in situazione di soprannumero o di eccedenza, il dirigente responsabile dell’Istituto Incremento Ippico per la Sicilia e il dirigente generale del dipartimento regionale della funzione pubblica e del personale sono autorizzati a stipulare apposito accordo di mobilità ai sensi – e quindi nel rispetto – del comma 5, art. 33, D.Lgs. n. 165/2001; accordo che, raggiunto con altre amministrazioni pubbliche regionali, può avere ad oggetto la ricollocazione totale o parziale del personale in situazione di soprannumero o di eccedenza. Tale ricollocazione avviene, dunque, nel perimetro tracciato dalla normativa statale di cui all’art. 33, D.Lgs. n. 165/2001 che, specificamente, disciplina la gestione dell’eccedenza di personale presso le pubbliche amministrazioni prevedendo, tra l’altro, proprio lo strumento dell’accordo di mobilità senza che la disposizione regionale censurata introduca alcuna previsione derogatoria.

In proposto, la Corte ha rilevato “la materia dell’ordinamento civile, riservata in via esclusiva al legislatore statale, investe la disciplina del trattamento economico e giuridico dei dipendenti pubblici e ricomprende tutte le disposizioni che incidono sulla regolazione del rapporto di lavoro (ex plurimis, sentenze n. 175 e n. 72 del 2017, n. 257 del 2016, n. 180 del 2015, n. 269, n. 211 e n. 17 del 2014)» (sentenza n. 257 del 2020). In particolare, nel delineare i confini tra ciò che è ascrivibile alla materia «ordinamento civile» e ciò che invece ricade nella competenza regionale, questa Corte ha precisato che sono da ricondurre alla prima «gli interventi legislativi che […] dettano misure relative a rapporti lavorativi già in essere (ex multis, sentenze n. 251 e 186 del 2016 e n. 180 del 2015)» (sentenza n. 32 del 2017) e rientrano, invece, nella seconda «i profili pubblicistico-organizzativi dell’impiego pubblico regionale” (cfr. sentenze n. 241 del 2018 e n. 149 del 2012; nello stesso senso, sentenze n. 191 del 2017 e n. 63 del 2012). Quanto appena esposto deve essere valevole anche per una Regione ad autonomia speciale, qual è la Regione Siciliana alla cui competenza esclusiva in materia di ordinamento degli uffici e degli enti regionali è stata ricondotta, da ultimo, una disposizione del legislatore siciliano sulla dotazione organica dell’amministrazione regionale quanto al “personale dei catalogatori e dei catalogatori esperti” (sentenza n. 25 del 2020). Prosegue la Corte: “In proposito, si è affermato che, quando la disposizione regionale non regolamenta il rapporto di lavoro, bensì detta una disciplina finalizzata alla realizzazione di esigenze organizzative dell’amministrazione, viene in rilievo non già la competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile, bensì quella regionale nella materia «ordinamento degli uffici e degli enti regionali», la quale comunque incontra i limiti derivanti dalle norme fondamentali delle riforme economiche sociali, quali sono le disposizioni di cui al d.lgs. n. 165 del 2001”.

Con riferimento in particolare al comma 7, art. 2, legge reg. Siciliana n. 17/2019, deve rilevarsi che tale disposizione prevede che l’accordo di mobilità, di cui al precedente comma 6, regola nel senso che può regolare, senza che ci sia una riserva in suo favore – anche la copertura dei posti risultanti vacanti a seguito della nuova dotazione organica. Si tratta di una disposizione che si lega all’ultimo comma dell’art. 2, recante la clausola di invarianza finanziaria, che costituisce anche condizione di legittimità dello stesso accordo di mobilità. Il legislatore regionale, al fine di contenere la spesa del personale, ha prescritto che la rimodulazione della pianta organica dell’Istituto deve avvenire «senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica». Anche la gestione delle vacanze nella qualifica meno elevata, pur in un contesto complessivo di eccedenze del personale, ha questo limite finanziario e rimane nell’ambito della competenza esclusiva regionale in materia di «ordinamento degli uffici e degli enti regionali». La copertura delle vacanze in un ente regionale con elevato numero di esuberi, come l’Istituto Incremento Ippico per la Sicilia, non può dunque generare – ha prescritto il legislatore regionale – ulteriore spesa per il personale: la mobilità, in uscita (dei lavoratori in esubero) come quella in entrata (per coprire le vacanze), deve essere a costo zero. Sicché, da una parte, la disciplina del rapporto di lavoro pubblico regionale in termini di diritti e doveri del personale non è direttamente incisa in alcun modo; dall’altra, l’accordo di mobilità in questione, anche quando dovesse avere ad oggetto le vacanze di personale, si inserisce nel contesto delle misure organizzative direttamente connesse alla ricollocazione totale o parziale del personale eccedentario, in sintonia con la ratio dell’art. 33, D.Lgs. n. 165/2001. In definitiva, il comma 7 dell’art. 2 censurato, nel prevedere che le esigenze di gestione del personale, comprese quelle derivanti dai vuoti in organico conseguenti alla rimodulazione della pianta organica dell’Istituto Incremento Ippico per la Sicilia, siano oggetto di negoziazione tra le pubbliche amministrazioni interessate, attiene a profili organizzativi dell’ente regionale, espressione della competenza legislativa regionale esclusiva in materia di ordinamento degli uffici e degli enti regionali (art. 14, lett. p, statuto reg. Siciliana), e non si pone in frizione con le norme statali in tema di mobilità nel lavoro pubblico contrattualizzato e segnatamente con l’art. 33, D.Lgs. n. 165/2001. Quanto alle procedure di mobilità, è previsto che in sede di contrattazione collettiva con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative possano essere stabiliti criteri generali di regolamentazione. Anche con riferimento alle eccedenze di personale l’autonomia collettiva può esplicarsi nei modi ordinari, essendo i rapporti di lavoro pubblico regolati contrattualmente (artt. 2, comma 3, e 40, D.Lgs. n. 165/2001) per quanto non è riservato agli atti organizzativi della pubblica amministrazione (artt. 2, comma 1, e 5, D.Lgs. n. 165/2001).

È possibile, quindi, che, nella procedura attivata per far fronte alle eccedenze di personale, vi siano accordi contrattuali collettivi per regolare la mobilità del personale e il ricorso a modalità flessibili di impiego. Sono altresì possibili accordi di mobilità tra amministrazioni pubbliche, come espressamente prevede l’art. 33, comma 5, D.Lgs. n. 165/2001, per la ricollocazione totale o parziale del personale eccedente. Il ricorrente censura, poi, il comma 8, art. 2, legge reg. Siciliana n. 17/2019, nella parte in cui disciplina congiuntamente la gestione delle eccedenze e delle carenze di personale dell’Istituto Incremento Ippico per la Sicilia, prevedendo il ricorso all’istituto del distacco, ai sensi dell’art. 62 del Contratto collettivo regionale di lavoro (CCRL).

La Corte stessa ricorda peraltro che nel lavoro pubblico non contrattualizzato fosse prevista la fattispecie contigua del comando pressa altra amministrazione. In questa direzione, la disposizione regionale di cui in argomento consente anche il ricorso all’istituto del distacco. Inoltre, i riferimenti anche alla mobilità interna – quindi tra amministrazioni diverse – non sono pochi, prevedendosi spesso l’assegnazione temporanea con la finalità ultima di garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio, nonché la razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale. Di fronte a questi ragionamenti, la Corte sottolinea come nel suo complesso, l’art. 2 citato si occupi della rimodulazione della pianta organica dell’Istituto Incremento Ippico per la Sicilia, ente pubblico strumentale di interesse regionale, dotato di autonomia statutaria. “Tale riforma – prosegue la Corte – “risponde all’esigenza di accrescere l’efficienza dell’Istituto in relazione a quella dei corrispondenti uffici e servizi in Italia e nell’Unione europea; di razionalizzare il costo del lavoro pubblico, contenendo la spesa complessiva per il personale, diretta ed indiretta, entro i vincoli di finanza pubblica; e, inoltre, di realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane nelle pubbliche amministrazioni. La pianta organica, risultante dalla norma censurata, è ridisegnata essenzialmente in chiave riduttiva, nel senso che la dotazione complessiva del personale è quasi dimezzata. Ma con riferimento alle singole qualifiche del personale non dirigenziale, essa, da una parte, registra eccedenze numericamente consistenti per i profili più elevati (come per gli istruttori), dall’altra, per quelli meno elevati (segnatamente gli operatori, non presenti nella precedente pianta organica) evidenzia invece una carenza”. Per la gestione di tale radicale riorganizzazione del personale, i commi 5 e 6 fanno riferimento alla regolamentazione posta, in generale per il lavoro pubblico contrattualizzato, dall’art. 33 del d.lgs. n. 165 del 2001, che disciplina appunto le eccedenze di personale e la mobilità collettiva. L’espresso richiamo della normativa statale mostra come quella regionale si muova all’interno e nel rispetto della prima, la quale prevede il coinvolgimento, mediante informativa preventiva, delle rappresentanze unitarie del personale e delle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo del comparto o area. Il criterio ispiratore della norma è quello di sperimentare ogni possibile misura organizzativa diretta a scongiurare il collocamento in disponibilità del personale (ex art. 33, comma 7) che non sia possibile impiegare diversamente nell’ambito della medesima amministrazione e che non possa essere ricollocato presso altre amministrazioni”. Dinanzi casistiche di questo genere, è previsto che l’amministrazione, che abbia attivato la procedura debba verificare la possibilità della ricollocazione totale o parziale del personale in situazione di soprannumero o di eccedenza, anche mediante il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro o a contratti di solidarietà, ovvero dell’assegnazione ad altre amministrazioni, previo accordo con le stesse. Come spesso accade in altre realtà lavorative, anche in contesti di tal sorta è possibile che siano i contratti collettivi nazionali a stabilire i criteri generali e le procedure per consentire la gestione delle eccedenze di personale attraverso il passaggio diretto ad altre amministrazioni.

Per quanto riguarda, invece, le lamentate violazioni relative al comma 8, art. 2, legge reg. Siciliana n. 17/2019, la Consulta ha chiarito, nella sentenza qui in esame, che tale disposizione (che si occupa della gestione sia delle eccedenze sia delle carenze di personale conseguenti alla rimodulazione della pianta organica) prevede la possibilità del ricorso al «distacco», istituto tipico del lavoro privato, ma che, in quanto tale, ha cittadinanza anche nel lavoro pubblico contrattualizzato, sì che la disposizione censurata richiama segnatamente la fattispecie di distacco già prevista dall’art. 62 del CCRL del comparto non dirigenziale della Regione Siciliana. Pertanto, sottolinea la Corte, «il ricorso al “distacco” è possibile prevede espressamente il comma 8 impugnato “qualora ne ricorrano le condizioni”, ossia nel rispetto della normativa generale sul lavoro pubblico contrattualizzato, che, anche nella contrattazione collettiva nazionale del comparto delle funzioni centrali, conosce ipotesi di assegnazione temporanea presso altra amministrazione, quale fattispecie di mobilità del personale tra amministrazioni pubbliche diverse. Nel lavoro pubblico non contrattualizzato, del resto, era prevista la fattispecie contigua del comando pressa altra amministrazione (art. 56 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, recante “Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato”)». Pertanto, sembrerebbe chiaro che (con l’obiettivo di evitare il collocamento in disponibilità del personale in esubero) la disposizione regionale consente anche il ricorso all’istituto del distacco, che, riconosciuto in passato anche nel lavoro privato dalla giurisprudenza, che ne mutuava la configurabilità proprio dal più risalente istituto del comando nel pubblico impiego non contrattualizzato, ha poi trovato la sua disciplina positiva nel citato art. 30 della legge n. 276/2003. Peraltro, fanno correttamente notare i Giudici costituzionali, anche nel pubblico impiego contrattualizzato l’art. 30, comma 2-sexies, D.Lgs. n. 165/2001 prevede, nel più ampio contesto della mobilità di personale tra amministrazioni diverse, la possibilità di «assegnazione temporanea» ad altra amministrazione qualora tale soluzione sia necessaria al fine di garantire la continuità dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Il tutto sarebbe peraltro giustificato, in via generale, da una ormai pacifica compenetrazione della disciplina del lavoro privato in quella del lavoro pubblico privatizzato.
Il più esteso utilizzo di istituti del lavoro privato è stato ulteriormente arricchito dal D.Lgs. n. 165/2001, che ha recentemente consentito alle amministrazioni pubbliche di stipulare contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, contratti di formazione e lavoro e contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato, nonché di avvalersi delle «forme contrattuali flessibili previste dal codice civile e dalle altre leggi sui rapporti di lavoro nell’impresa», seppur sempre e solo nei limiti e con le modalità in cui se ne preveda l’applicazione nelle amministrazioni pubbliche. Elemento centrale, tuttavia, della decisione della Corte è il concetto per cui il comma 8 del D.Lgs. n. 165/2001, qui ripreso più volte, non apporta alcuna deroga, limitandosi a prefigurare il distacco come strumento di gestione del rapporto di impiego del personale (in esubero) dell’Istituto Incremento Ippico per la Sicilia alle condizioni e nei limiti in cui ciò è possibile alla stregua della normativa statale del pubblico impiego privatizzato e della contrattazione collettiva di settore, espressamente richiamata.
In definitiva, dunque, la Consulta ha finito per dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 8 della legge della Regione Siciliana 16 ottobre 2019, n. 17 (Collegato alla legge di stabilità regionale per l’anno 2019 in materia di attività produttive, lavoro, territorio e ambiente, istruzione e formazione professionale, attività culturali, sanità. Disposizioni varie), mentre sono state stabilite inammissibili e/o non fondate tutte le altre eccezioni sollevate dalla parte ricorrente della controversia in argomento.

CONTRIBUTO PUBBLICATO SU DIRITTO & PRACTICA DEL LAVORO