Aiuti alla genitorialità prima della pandemia

Il congedo parentale è lo strumento con cui l’ordinamento permette ad un genitore di soddisfare i bisogni affettivi e relazionali del bambino quando queste esigenze sono impedite dallo svolgimento di un’attività lavorativa; consiste in un periodo di astensione facoltativa dal lavoro, retribuito solamente in determinati casi.

Soggetti beneficiari

Il congedo parentale spetta alle lavoratrici e ai lavoratori dipendenti con rapporto di lavoro in essere, nonché ai dipendenti agricoli con contratto di lavoro a tempo determinato purché siano rispettate determinate condizioni che tengono in considerazione l’età del minore.

Il congedo parentale non spetta, invece, ai genitori disoccupati o sospesi, ai genitori lavoratori domestici, ai genitori lavoratori a domicilio. Nel caso in cui il rapporto di lavoro in atto cessi all’inizio o durante il periodo di fruizione del congedo, il diritto al congedo stesso viene meno dal momento in cui è cessato il rapporto di lavoro. In generale, si tratta di un aiuto riconosciuto ai lavoratori che siano genitori naturali entro i primi 12 anni di vita del bambino per un periodo complessivo tra i due genitori non superiore a 10 mesi, aumentabili ad undici qualora il padre lavoratore si astenga dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi. Detto periodo complessivo può essere fruito dai genitori anche contemporaneamente.

Entro questo limite, bisogna ulteriormente considerare che tale diritto è usufruibile dalla madre lavoratrice dipendente, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi; dal padre lavoratore dipendente, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi, elevabile a 7, dalla nascita del figlio, se lo stesso si astiene dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a 3 mesi; dal padre lavoratore dipendente, anche durante il periodo di astensione obbligatoria della madre (a decorrere dal giorno successivo al parto), e anche se la stessa non lavora; o, ancora, anche dal genitore solo (padre o madre), per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 10 mesi. Infine, esso spetta ai lavoratori dipendenti, genitori adottivi o affidatari, con le stesse modalità dei genitori naturali, e cioè entro i primi dodici anni dall’ingresso del minore nella famiglia, indipendentemente dall’età del bambino all’atto dell’adozione o affidamento, e non oltre il compimento della maggiore età dello stesso.

Dopo la conclusione del congedo di maternità o di quello di paternità, quindi, il lavoratore ha a disposizione altri giorni di permesso da poter utilizzare per dedicarsi ai bisogni del figlio. L’importante è che – come ricordato dalla Suprema Corte di Cassazione in una recente sentenza – il lavoratore non si approfitti del congedo per svolgere altre mansioni; in presenza di un abuso del diritto, infatti, il dipendente potrebbe andare incontro al licenziamento. Secondo la Suprema Corte, infatti, il genitore non può utilizzare i giorni di permesso del congedo parentale per occuparsi di altre mansioni che siano differenti dalla cura del figlio. È importante che la finalità del congedo venga rispettata dal momento che – sostiene la Corte di Cassazione – “ciò che conta non è tanto quel che il genitore fa nel tempo da dedicare al figlio quanto piuttosto quello che invece non fa nel tempo che avrebbe dovuto dedicare al minore”.

Per quanto riguarda l’elemento economico, i genitori, sia madre che padre, possono usufruire dell’indennità per congedo parentale entro i primi sei anni di età del bambino per un periodo massimo complessivo di sei mesi con un importo pari al 30% della retribuzione media giornaliera calcolata considerando la retribuzione del mese precedente l’inizio del periodo indennizzabile. Mentre dai sei agli otto anni di età del bambino, nel caso in cui i genitori non ne abbiano fruito nei primi sei anni, o per la parte non fruita anche eccedente il periodo massimo complessivo di sei mesi, il congedo verrà retribuito al 30% solo se il reddito individuale del genitore richiedente risulti inferiore a 2,5 volte l’importo annuo del trattamento minimo di pensione. Infine, dagli otto anni in su e sino ai dodici anni, il congedo non viene indennizzato in alcun modo.

Gestione separata

Un’importante nota va aggiunta con riferimento ai dipendenti iscritti alla gestione separata, per i quali vale una disciplina diversa a seconda della categoria di cui fanno parte, così come per le lavoratrici autonome, che abbiano effettuato il versamento dei contributi relativi al mese precedente quello in cui ha inizio il congedo (o una frazione di esso) e che vi sia l’effettiva astensione dall’attività lavorativa.

Il congedo parentale può inoltre essere fruito su base oraria, in base a quanto disposto dalla legge 24 dicembre 2012, n. 228, frazionandone ad ore l’utilizzo. Tuttavia, le modalità da seguire per ciascuna categoria di lavoratori sono definite dalla contrattazione collettiva di settore così come anche i criteri di calcolo della base oraria e l’equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa. Nel caso in cui non vi sia questo tipo di previsione nel Ccnl di riferimento, il D.Lgs. n. 80/2015, attuativo della delega contenuta nel Jobs Act, prevede che i genitori lavoratori dipendenti possano fruire del congedo parentale su base oraria in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale.

I dipendenti neo-genitori, in ogni caso, possono decidere di rinunciare al congedo parentale cui hanno diritto: per una sola volta, essi hanno la facoltà di trasformare il rapporto di lavoro a tempo pieno in tempo parziale ma con una riduzione d’orario non superiore al 50%.

Voucher baby sitter

Inoltre, è previsto un voucher per baby-sitter e asili nido, concesso alla madre lavoratrice, al termine del periodo di congedo di maternità, per gli undici mesi successivi e in alternativa al congedo parentale, da utilizzare al fine di far fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l’infanzia o dei servizi privati accreditati.

Riposi giornalieri

Nel congedo parentale è inoltre ricompresa la possibilità di usufruire di riposi giornalieri, cui hanno diritto, ai soli fini dell’allattamento, le lavoratrici/lavoratori dipendenti a condizione che per tutto il periodo richiesto abbiano un valido rapporto di lavoro in corso e che il minore sia vivente.

In generale, comunque, la lavoratrice o il lavoratore dipendente hanno diritto fino all’anno di vita del bambino e nel caso di adozioni o affidamento, entro un anno dalla data di ingresso del minore in famiglia a due ore al giorno di riposo per allattamento se l’orario di lavoro è pari o superiore alle sei ore giornaliere; un’ora al giorno di riposo per allattamento se l’orario stesso è inferiore alle sei ore.

Presentazione della domanda

Da un punto di vista squisitamente pratico, la domanda di congedo parentale deve essere presentata all’Istituto nazionale della previdenza sociale telematicamente prima dell’inizio del periodo di congedo richiesto; qualora sia presentata dopo, saranno pagati solo i giorni di congedo successivi alla data di presentazione della domanda.

Pagamento dell’indennità

Per le lavoratrici e i lavoratori dipendenti, l’indennità è anticipata dal datore di lavoro tranne in casi particolari in cui è pagata direttamente dall’Inps (operai agricoli a tempo determinato, lavoratori stagionali a termine, lavoratori dello spettacolo a tempo determinato). Per le lavoratrici e i lavoratori iscritti alla Gestione Separata e per le lavoratrici autonome il pagamento è effettuato direttamente dall’Inps.

Minori con disabilità

È il caso di aprire una piccola parentesi, in questa sede, per fare riferimento ai minori con disabilità e alle conseguenze sulla vita lavorativa dei loro genitori. Oltre ai permessi mensili di cui alla legge n. 104/1992, nonché ai congedi retribuiti fino a due anni ex D.Lgs. n. 151/2001, per l’assistenza ai familiari disabili, i genitori di bambini con certificazione di handicap grave possono fruire anche dei congedi parentali già riconosciuti alla generalità dei lavoratori contando su un trattamento di maggior favore.

I genitori di minori con disabilità in possesso di certificazione di handicap grave hanno diritto al prolungamento del congedo parentale nelle modalità di cui si è detto ai paragrafi precedenti, fino alla durata di tre anni entro il compimento dei dodici anni del bambino.

L’indennità continua ad essere erogata oltre i sei mesi e fino all’ottavo anno di età del bambino solo se il reddito individuale sia molto basso (inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria e il reddito è determinato secondo i criteri previsti in materia di limiti reddituali per l’integrazione al minimo). Diversamente, per i genitori di bambini con disabilità l’indennità spetta per tutto il periodo di prolungamento.

Novità previste a seguito della pandemia da Covid-19

Pur mantenendo il quadro dei congedi così come indicati sinora, a seguito della pandemia da Covid-19 e di tutte le conseguenze che essa ha avuto specie nel mondo lavorativo, è il caso di indicare una serie di novità con particolare riferimento all’ambito dei congedi e, in generale, della tutela alla genitorialità tra i dipendenti.

Congedo parentale straordinario

A causa dell’emergenza, grazie all’intervento normativo prima del Decreto Cura Italia (decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18), è stato istituito un congedo parentale straordinario aggiuntivo rispetto a quello ordinario, usufruibile anche dai genitori che abbiano giù esaurito il periodo di congedo parentale normalmente previsto. Dal 5 marzo 2020, infatti, i dipendenti con figli minori a carico di età non superiore ai 12 anni, hanno diritto ad uno specifico congedo per un periodo massimo di 15 giorni, che può anche essere frazionato in base alle esigenze di ciascuno. Gli eventuali periodi di congedo parentale ordinario vengono, invece, automaticamente convertiti in tale congedo speciale, con diritto a un’indennità specificatamente calcolata per ciascun caso, e non sono computati né indennizzati a titolo di congedo parentale (ordinario/obbligatorio). Con il Decreto Rilancio 19 maggio 2020 n. 34, successivamente, il numero di giorni fruibili è stato aumentato sino a trenta in totale.

Congedo 2021 per genitori

Ad oggi, è previsto anche un congedo indennizzato (cosiddetto “Congedo 2021 per genitori (anche adottivi e affidatari) con figli affetti da Sars Covid-19”, in quarantena da contatto o con attività didattica in presenza sospesa) per la cura dei figli conviventi minori di età inferiore ai quattordici anni, per la cura di figli con disabilità in situazione di gravità accertata dalla nota legge n. 104/1992 senza limiti di età ed iscritti a scuole di ogni ordine e grado per i quali sia stata disposta la sospensione dell’attività didattica in presenza od ospitati in centri diurni assistenziali per i quali sia stata disposta la chiusura. Esso può essere fruito dai genitori lavoratori dipendenti del settore privato solamente laddove la prestazione lavorativa non possa essere svolta in modalità agile e in alternativa all’altro genitore convivente con il figlio, o anche non convivente in caso di figlio con disabilità grave. Dal punto di vista economico, questi periodi di astensione comportano un’indennità in favore del dipendente pari al 50% della retribuzione (i periodi sono coperti da contribuzione figurativa).

I nuovi congedi in questione sono stati introdotti dal nuovo Decreto Draghi del 13 marzo 2021, che introduce ulteriori misure urgenti per contrastare e contenere l’emergenza epidemiologica da coronavirus. Esso prevede anche un “Bonus baby sitter” del valore di cento euro per ciascuna settimana, in favore dei lavoratori iscritti alla gestione separata dell’Istituto nazionale della previdenza sociale, dei lavoratori autonomi, nonché del personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico impiegato per le esigenze connesse all’emergenza da Covid-19; ed ancora, in favore dei lavoratori dipendenti del settore sanitario, pubblico e privato accreditato, appartenenti alla categoria dei medici, infermieri, tecnici di laboratorio biomedico, tecnici di radiologia medica e operatori sanitari. Anche in questo caso, però, è il caso di ricordare che l’agevolazione è fruibile solo in via alternativa rispetto al congedo. Può essere utilizzata, inoltre, per l’iscrizione a centri estivi o a servizi integrativi per l’infanzia, servizi socio-educativi territoriali, centri con funzione educativa e ricreativa, e servizi integrativi o innovativi per la prima infanzia, invece, che per acquistare servizi di baby-sitting. È concessa anche ai lavoratori autonomi non iscritti all’Inps, purché ne venga data preventiva comunicazione da parte delle rispettive casse previdenziali del numero dei beneficiari.

Sino ad oggi, la previsione riguarda i periodi ricadenti nei mesi intercorrenti tra il 13 marzo 2021, data di entrata in vigore della norma, sino al 30 giugno 2021. Gli eventuali periodi di congedo parentale o di prolungamento di congedo parentale fruiti dal 1° gennaio 2021 nonché sino al rilascio della specifica procedura di domanda telematica possono essere convertiti, a domanda, nel congedo covid e non computati e indennizzati a titolo di congedo parentale. A tal fine, il genitore lavoratore dipendente dovrà presentare la domanda di Congedo 2021 per genitori. Inoltre, l’Inps sottolinea che dette misure hanno altresì introdotto, per i genitori di figli di età compresa tra i 14 e i 16 anni, il diritto di astenersi dal lavoro senza corresponsione di retribuzione o indennità e diritto alla conservazione del posto di lavoro. Dato che l’Inps non ha competenza in materia, le relative domande di astensione dal lavoro devono essere presentate ai soli datori di lavoro e non all’Inps.

È bene sottolineare che, a livello meramente pratico-sostanziale, i lavoratori con pagamento dell’indennità anticipato dal datore di lavoro, devono dare tempestiva comunicazione al proprio datore di lavoro della presentazione all’Inps di nuove domande di periodi di Congedo 2021 per la corretta corresponsione dell’indennità in luogo di quella del congedo parentale pari al 30% della retribuzione nonché per permettere al datore stesso la rettifica dei flussi UniEmens. L’indennità pari al 50% della retribuzione deve essere calcolata secondo quanto disposto dall’articolo 23 del Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al ben noto D.Lgs. n. 151/2001 (detti periodi sono, peraltro, coperti da contribuzione figurativa). Sono indennizzabili solamente le giornate lavorative ricadenti all’interno del periodo di congedo richiesto. L’indennità è erogata secondo le modalità previste per il pagamento diretto o a conguaglio delle indennità di maternità e se pagate direttamente costituiscono reddito di lavoro dipendente imponibile ai fini fiscali ai sensi del comma 2, articolo 6, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi). Fino al momento di rilascio della procedura informatica aggiornata è possibile fruire del Congedo 2021 per genitori con richiesta al datore di lavoro, regolarizzando successivamente con l’apposita domanda anche retroattiva.

Amministrazioni pubbliche

Per quanto riguarda le Amministrazioni pubbliche le modalità di fruizione del congedo e, le relative indennità, sono a cura dell’Amministrazione con la quale intercorre il rapporto di lavoro. Di conseguenza, tale categoria di lavoratori non deve presentare domanda all’Inps, ma direttamente alla propria Amministrazione datrice di lavoro, secondo le indicazioni dalla stessa fornite.

Altre misure a sostegno della famiglia

La legge di Bilancio 2020 ha istituito il “Fondo assegno universale e servizi alla famiglia”, nel quale, dal 2021, verranno trasferite le risorse dedicate all’erogazione dell’assegno di natalità (c.d. bonus bebè) e del Bonus asilo nido. Le ulteriori risorse del Fondo saranno indirizzate al riordino e alla sistematizzazione delle politiche di sostegno alle famiglie con figli. Il fine ultimo è quello di far progredire la condizione italiana così da riordinare, semplificare e potenziare, anche in via progressiva, le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l’assegno unico e universale e il c.d. Family act, di iniziativa governativa, che incide su materie diverse, quali: il sostegno all’occupazione femminile; la promozione della natalità; l’importanza del valore sociale delle attività educative e di apprendimento formale e non formale dei figli nonché sostegno dell’autonomia finanziaria dei giovani.

Inoltre, con riferimento alle risorse dei fondi nazionali dedicati, questi sono stati incrementati e resi strutturali dalla legge di Bilancio 2019 e confermati dalle leggi di bilancio successive. In questo ambito, sono stati istituiti diversi Fondi, quale quello per il sostegno e l’assistenza dei giovani fuori famiglia, i cosiddetti “Care leavers”, nato dalla legge di Bilancio 2018 e rinnovato per un ulteriore triennio dalla legge di Bilancio 2021.

A tali stanziamenti, bisogna aggiungere le risorse finalizzate per misure a sostegno della famiglia. Fra queste, si ricordano il premio alla nascita o all’adozione di minore, un assegno una tantum pari ad 800 euro, introdotto dalla legge di Stabilità 2017, e il beneficio economico per i nuovi nati e per i bimbi adottati nel periodo 1° gennaio 2015 – 31 dicembre 2017 all’interno di nuclei familiari con determinati redditi ISEE (bonus bebè), introdotto dalla legge di Stabilità 2015. La misura è proseguita nel 2018, ed è stata estesa anche al 2019, con le stesse modalità stabilite per i nati o adottati nel corso del 2018, ma con un incremento del 20% dell’importo dell’assegno per le nascite e adozioni intervenute nel 2019 relativamente ai figli successivi al primo. La legge di bilancio 2020 ha esteso la misura anche all’anno in corso rafforzandola e rendendola una prestazione ad accesso universale modulata su tre fasce di reddito e ha anche esteso e rafforzato l’erogazione del buono per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido pubblici o privati, utilizzabile anche per il supporto, presso la propria abitazione, dei bambini al di sotto dei tre anni affetti da gravi patologie croniche. Infatti, a decorrere dal 2020, il Buono asili di 1.500 euro viene rimodulato e incrementato in base a soglie ISEE differenziate: rimane pari a 1.500 euro per i nuclei familiari con ISEE minorenni superiore a 40.000 euro; è incrementato di 1.000 euro per i nuclei familiari con un ISEE minorenni da 25.001 euro a 40.000 euro (raggiungendo l’importo di 2.500 euro); è incrementato di ulteriori 1.500 euro per i nuclei familiari con un valore ISEE minorenni fino a 25.000 euro, (raggiungendo così l’importo di tremila euro). La legge di Bilancio 2021, come si è detto, ha esteso il bonus bebè anche per l’anno in corso. Nel corso dell’emergenza sanitaria da Covid-19 sono state altresì incrementate le risorse dei Fondi sociali, fra le altre quelle del Fondo politiche per la famiglia con la finalità di rafforzare il sistema di interventi e servizi territoriali dedicati alla famiglia e ai minori.

Inoltre, non collegata alla situazione derivante dalla pandemia è l’introduzione, nel 2021, dell’aumento della durata del congedo di paternità. È infatti previsto che spettino ai neo-papà 10 giorni di astensione obbligatoria, retribuita al 100%, che restano un diritto anche nei casi di parto del feto morto. Le istruzioni operative sono contenute nella circolare Inps n. 42 dell’11 marzo 2021. Si tratta di una previsione principalmente europea, cui l’Italia, in forza degli obblighi costituzionali, doveva necessariamente adeguarsi.

CONTRIBUTO PUBBLICATO SU DIRITTO&PRATICA DEL LAVORO