In occasione della sessione n. 108 della Conferenza Generale dell’OIL, tenutasi a Ginevra il 21 giugno 2019, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro ha adottato una Convenzione relativa all’eliminazione delle violenze e delle molestie sul luogo di lavoro, solo recentemente ratificato e reso esecutivo dal Parlamento italiano, che ne ha recepito il contenuto con la L. n. 4 del 15 gennaio 2021. Si tratta di un testo normativo che si occupa di tutelare il personale dipendente sul luogo di lavoro, a prescindere dal tipo di contratto con cui sia stato assunto nonché dal tipo di datore per cui presti la propria attività.
La Convenzione (e, conseguentemente, la nuova norma italiana) viene in aiuto a tutti quei lavoratori che, sul luogo di lavoro, si ritrovino a subire soprusi di vario genere e che non hanno la forza di denunciarne la gravità, spesso perché dietro l’insulto, la condotta lesiva o l’emarginazione lavorativa si trova un superiore gerarchico nei cui confronti il lavoratore nutre un timore reverenziale che gli impedisce qualsiasi attività di auto-tutela.
Nello specifico, la Convenzione n. 190 – forse intenzionalmente – dà una definizione di violenze e molestie di genere identificandoli come concetti-valvola: quegli elementi, cioè, capaci di cambiare nel corso del tempo, così da adattarsi in maniera sempre più aderente al mondo sociale in cui vengono applicati. E dunque, seguendo questo principio, tali concetti sono generalmente indicati come “un insieme di pratiche e di comportamenti inaccettabili, o la minaccia di porli in essere, sia in un’unica occasione, sia ripetutamente, che si prefiggano, causino o possano comportare un danno fisico, psicologico, sessuale o economico, e include la violenza e le molestie di genere” che si abbattano “persone in ragione del loro sesso o genere, o che colpiscano in modo sproporzionato persone di un sesso o genere specifico, ivi comprese le molestie sessuali”. Si tratta di parole volutamente generiche, le quali non peccano di qualunquismo: appare chiara, a parere di chi scrive, l’intenzione di far rientrare più categorie all’interno dei lavoratori tutelabili ai sensi della nuova disciplina, così da offrire garanzie ad una porzione sempre maggiore di dipendenti.
A rafforzare gli impegni ed i principi di cui alla Convenzione in argomento, all’interno di quest’ultima si legge come si ritenga necessario che “siano messi a disposizione dei datori di lavoro, dei lavoratori e delle rispettive organizzazioni, come pure delle autorità competenti, misure di orientamento, risorse, formazione o altri strumenti, in formati accessibili a seconda dei casi, sui temi della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro”. Passa così il messaggio, forte e chiaro, che nessun testo normativo possa effettivamente produrre gli effetti che i legislatori auspicano, se il suo contenuto non diventa oggetto di formazione, studio ed orientamento in tal senso.
Il valore sociale della Convenzione OIL n. 190 (e, soprattutto, del suo recepimento quale fonte del diritto italiano) cresce ulteriormente laddove si ricordi che nel nostro Paese manca una vera e propria disciplina del mobbing. Ad oggi, infatti, i ricorsi redatti in favore dei dipendenti che lamentino vessazioni dai propri colleghi o dai loro superiori gerarchici, si appellano al concetto che la dottrina offre di questo (relativamente) nuovo istituto. Affinchè provi efficacemente l’esistenza di condotte integranti mobbing, infatti, devono essere soddisfatti diversi requisiti: sarà necessario che le vessazioni siano state poste in essere con lo specifico intento persecutorio nei confronti del mobbizzato; tali condotte, poi, devono essere più di una e comunque mantenute per un tempo relativamente lungo, tale da rendere chiara la sensazione di disagio vissuta dalla vittima. Ancora, perché il Giudice adito sia convinto della presenza di mobbing, serve che venga offerto un quadro chiaro e completo del danno che esso abbia causato al lavoratore, che può darne prova tramite l’indicazione di testimoni o certificati medici che attestino patologie di una certa gravità. Naturalmente, del danno in questione deve essere dimostrato il nesso causale con le condotte di cui si è detto supra.
In base al contenuto della Convenzione, riportato nel testo della L. n. 4/2021, gli Stati ratificanti si impegnano, successivamente, ad adottare leggi e regolamenti che, sul piano pratico e secondo le necessità delle singole Nazioni, siano capaci di far rispettare nei luoghi di lavoro i principi fondamentali frutto della discussione di Ginevra del 2019: il divieto di molestie, l’adozione di strategie globali atte ad attuare misure di prevenzione e contrasto alle violenze sul luogo di lavoro, l’istituzione di serie misure sanzionatorie, la garanzia di meccanismi di ispezione e monitoraggio, solo per citarne alcuni.